Control – Recensione
Il 2019 videoludico è stato finora teatro di produzioni di primissimo livello, capaci di dare lustro a nuove e vecchie compagnie. Da un lato sono arrivate piccole sorprese e/o grandi conferme, ma ciò che ha saputo veramente sconvolgere (in bene, ovviamente), sono stati i grandi ritorni. Brand importanti hanno fatto la loro (ri)comparsa, generando profitti e consensi a destra e a manca, rubando così la scena anche a quelli più “giovani”. Tra i grandi ritorni si inserisce anche il nome di Remedy Entertainment che, dopo l’esperimento – riuscito soltanto a metà – compiuto quattro anni fa con Quantum Break, torna sulla scena con un’IP tutta nuova e dal grande potenziale: Control. I talentosi sviluppatori finlandesi hanno riposto grosse aspettative sulla produzione, tanto da anticiparne una possibile trasformazione in un brand vero e proprio, destinato a durare negli anni. Fare breccia nel cuore dei videogiocatori non è affatto facile, specialmente quando si è gli autori di capolavori indimenticati e indimenticabili come Alan Wake e Max Payne, e questo Remedy lo sapeva benissimo. Per tal motivo la software house ha deciso di puntare sugli elementi che ne hanno da sempre contraddistinto l’operato: una storia di fondo importante, un protagonista carismatico e un gameplay fresco e dallo stile unico.
Alla fine della corsa, ci siamo resi conto che non tutti questi fattori hanno funzionato a dovere, facendo sì che Control probabilmente non verrà ricordato come un capolavoro assoluto, rimanendo comunque un ottimo gioco, che non sfigura in alcun modo con gli altri pezzi da novanta finora usciti. Il perché è presto detto.
L’elemento cardine della produzione è sicuramente la trama, una trama che si dimostra matura, ricca di sfaccettature e dannatamente complessa già dalle primissime battute. Jesse Faden, la protagonista della storia, si reca nel quartier generale della Federal Bureau of Control, di cui, rapidamente e in seguito ad avvenimenti misteriosi, diventerà addirittura il Direttore. La “visita” della giovane, il cui volto è stato donato dalla bella attrice di americana Courtney Hope, ha però obiettivi molto nascosti.
Ben presto, si paleserà ciò che sarà il filone narrativo principale di quasi tutta la storia. Jesse è alla ricerca di una persona specifica che, a quanto pare, l’agenzia ha in qualche modo nascosto agli occhi del mondo. Una volta varcata la soglia d’ingresso del Bureau, Jesse si trova di fronte a una situazione ai limiti dell’umana comprensione. La struttura – che fa da teatro all’intera vicenda – è caduta preda di una misteriosa entità paranormale che lentamente, si è annidata in ogni angolo, impossessandosi anche della mente e del corpo di buona parte degli agenti e più in generale di tutti (o quasi) i malcapitati presenti.
Ben presto, la protagonista si rende conto che, per poter trovare indizi sulla misteriosa scomparsa del fratello, la cui causa lei attribuisce proprio agli alti piani del Bureau, dovrà collaborare giocoforza con gli stessi – sospetti – carnefici, nel tentativo di debellare una minaccia più grande di quel che sembra. Ed è qui che la trama di Control letteralmente esplode, ma che anche si rende di difficile comprensione, dati gli intricati dialoghi che aprono le porte su complesse cospirazioni, i misteri da svelare e i frigoriferi che, per dirla un po’ à la David Lynch, non “sono quello che sembrano”.
Sì, non abbiamo parlato a caso di frigoriferi. Perché, ma poi lo scoprirete da soli, uno dei punti di forza dell’ecosistema narrativo di Control è proprio quello che ruota intorno ai misteriosi Oggetti di Potere: dei semplici e comuni strumenti che, per qualche ragione, si sono legati alla dimensione alternativa da cui proviene anche l’Hiss, quella sorta di “virus” che ha infettato tutti i presenti.
Power is nothing, without Control!
Per poter esplorare con maggiore libertà l’edificio, Jesse è chiamata a purificare i cosiddetti Punti di Controllo, luoghi in cui si addensano la maggior parte dei nemici più ostici, quali boss, mini-boss e soldati speciali. Questi ultimi, che fungono anche da punto di respawn in stile falò, permettono alla protagonista sia di potenziarsi sia di trasportarsi da un punto all’altro della struttura, ma anche di personalizzare il proprio arsenale e accettare nuovi incarichi. Essi si sposano bene con la storia principale, offrendo un quadro ludico complessivamente più che soddisfacente. La missione di Jesse è comunque una sola: ritrovare il fratello Dylan a ogni costo, e per farlo sarà necessario farsi strada attraverso una quantità di nemici importante, divisi tra loro da una sorta di “mutazione” sempre diversa, che dona ai redivivi aspetto e abilità differenti.
Nella sua semplicità, il gunplay, ma soprattutto il gameplay in generale, di Control risulta più divertente, appagante e assuefacente di quel che potrebbe sembrare sulle prime. Jesse, via via che si completano attività, alcune delle quali accessorie, oltre a sbloccare nuovi potenziamenti per quello che è il primo e proprio Oggetto del potere, la “semplice” pistola d’ordinanza, in realtà munita di diverse forme e abilità, sblocca nuovi poteri sia fisici sia psichici, divenendo così, col tempo, una vera e propria amata dall’Hiss.
Nel suo corpo, per qualche strana ragione, le abilità si annidano senza apparentemente lasciare traccia di mutazioni o alterazioni mentali seppur la protagonista spesso e volentieri dialoghi letteralmente da sola, un po’ come accade a Senua in quel di Hellblade. Acquisendo nuovi poteri, l’approccio ai combattimenti cambia in modo esponenziale, seppur le abilità acquisite non facciano gridare al miracolo dal punto di vista dell’inventiva. E se la schivata e la telecinesi risultano due soluzioni tanto abusate quanto utili per superare i nemici, la possessione mentale dei nemici con poca vita rimasta e la possibilità di creare scudi sollevando massi e rocce circostanti diventano due soluzioni sicuramente più affascinanti, ma nettamente meno efficaci.
Ogni abilità è potenziabile, e dà accesso a diverse tipologie di diramazioni, seppur tutt’altro che numerose dato che il classico skill tree di cui gode la protagonista è in verità un tantino scarno e non offre tantissime alternative. Si possono potenziare, oltre alle abilità, la salute e l’energia, ma siamo sicuri che dirotterete ben presto la vostra attenzione sulle abilità legate alla telecinesi, nettamente la tecnica più efficace e se vogliamo sbilanciata all’interno del titolo di Remedy. Ci ha convinti nettamente di più, come dicevamo poco fa, la personalizzazione offerta alla bocca da fuoco principale.
L’arma di Jesse può diventare all’occorrenza una sorta di mitraglietta, un piccolo lanciagranate e anche un fucile di precisione, il tutto senza mutare mai più di tanto l’aspetto originario, ma soltanto la tipologia di archetipo. Utilizzando elementi ritrovabili in giro per la mappa, via via di rarità sempre maggiore, in un sistema di crafting tutt’altro che complesso, è possibile creare e potenziare nuove tipologie di fuoco, con annesse mod.
Anche queste ultime sono affiancate da un livello di potenziamento, che offre, in base alla qualità, statistiche sempre maggiori. Ci dispiace appurare che, nonostante il tutto funzioni più che bene, a Control manca quella scintilla di innovazione che avrebbe potuto apportare, remando invece su lidi nettamente più conservativi. Sia chiaro, ci siamo divertiti, e tanto, specialmente combinando le varie abilità durante i combattimenti, ma ci saremmo aspettati sicuramente qualcosina in più.
Un nemico è per sempre
Per fortuna, Control è caratterizzato da un livello di sfida molto elevato. I nemici, seppur non esenti da svarioni occasionali, godono di un’intelligenza artificiale molto arcigna e che mette spesso e volentieri alle strette il giocatore. La maggior parte degli scontri vede i nemici ben amalgamati in termini di varietà, costringendo Jesse a doversi guardare le spalle su più fronti. A questo poi si aggiunge che questi ultimi tendono ad accerchiare la protagonista, obbligandola spesso ad abbandonare la copertura. Alcune tipologie di avversari, poi, possiedono l’abilità di curare i propri alleati, dando vita così a scontri che richiedono maggior dedizione per essere completati. Il nucleo degli scontri rimane comunque la spettacolarità e la frenesia, ma per portare a casa la pelle è doveroso approcciare con calma e con una buona strategia le varie battaglie, specialmente quelle con i nemici più importanti. Le boss fight, in particolare, offrono il meglio dal punto di vista del gameplay, in un gioco in cui non si vive – fortunatamente – di soli combattimenti.
Di tanto in tanto, il ritmo viene spezzato da enigmi e puzzle ambientali, in verità tutto sommato semplici ma utili ai fini della verità. É soprattutto in questi frangenti che la vena artistica di Control viene fuori in tutto il suo splendore. Alcuni passaggi, a metà tra Twin Peaks e Inception, ci hanno sorpreso e stupito più di una volta, specialmente sul finale dell’avventura, regalandoci degli scorci di maestria scenica difficilmente ritrovabile altrove e con cui Remedy ci ha sempre saputo allietare sin dai tempi del primo Max Payne.
La direzione fuori di testa, comunque, accompagna un po’ tutta la traversata, della durata di circa venti ore, caratterizzata poi dalla presenza di molteplici NPC molto importanti ai fini sia della maggior comprensione del mondo di gioco e dei suoi segreti sia a livello ludico. Molti di essi, infatti, forniscono alla protagonista incarichi extra necessari per l’acquisizione di preziosi punti abilità, valuta per potenziare e oggetti per il crafting, meccanica che allunga la longevità complessiva, già abbondantemente impreziosita da una quantità considerevole di incarichi a tempo.
Questi ultimi spesso consistono nell’eliminazione – entro un lasso di tempo specifico – di un determinato obiettivo, ritrovabile comodamente segnalato sulla mappa di gioco.
Spettacolare, fuori di testa, psichedelico
Per quanto riguarda il comparto grafico, il gioco riesce a tenersi su un ottimo livello di dettaglio, anche su un PC di fascia media (versione di prova della nostra recensione). Con settaggi medi (quasi obbligatori a causa dell’elevata richiesta dei requisiti consigliati), il titolo riesce a mantenere 30 fps costanti, con degli ottimi modelli poligonali e gli effetti in generale. Buono è il sistema di illuminazione e la rese delle ombre, anche se in verità il gioco è caratterizzata da scenari sempre molto cupi. Di pregevole fattura sono risultati, inoltre, i particellari: le esplosioni a schermo generate dalle abilità sia della protagonista sia degli avversari risultano davvero pregevoli; stesso discorso si può fare per gli altri effetti, come quelli dei colpi di pistola, delle “manate” corpo a corpo, molto efficaci sulle prime battute, a dire il vero, e così via.
Lo stesso non si può dire però delle animazioni, in particolare quelle facciali. Alcuni NPC in particolare sono caratterizzati da una mimica a tratti quasi caricaturale e difficilmente ritrovabile nel mondo reale.
La protagonista, ispirata, come dicevamo in apertura, a Curtney Hope, risulta, a livello tecnico, di ottimo livello. Lo stesso non accade per quanto concerne la caratterizzazione narrativa, in quanto Jesse si rivela un personaggio forse eccessivamente anonimo e per il quale è quasi impossibile provare empatia. Tecnicamente parlando, comunque, Control riesce a colpire, nonostante una “sola” ambientazione. Come già accennato in precedenza, infatti, tutta l’avventura si svolge nella sede del Federal Bureau of Control, la quale però si apre e si espande sempre più, sia grazie all’assimilazione delle nuove abilità, sia semplicemente progredendo nella storia. Gli scenari, nonostante tutto, mantengono una forte caratterizzazione e si distinguono facilmente gli uni dagli altri, cosa molto importante anche quando si decide di fare del sano backtracking, per sfruttare al meglio tutte le possibilità che la natura Metroidvania del titolo sa offrire.
Ci ricorderemo facilmente, a questo proposito, dove eravamo rimasti bloccati da una porta dal livello di accesso troppo alto o da un’apertura sopraelevata, raggiungibile soltanto levitando. Tornando a parlare del discorso più strettamente tecnico, le buone notizie continuano, ma si scontrano anche con alcune meno positive. Molto piacevole risulta la colonna sonora scelta: specialmente nelle fasi finali e negli scontri più importanti, si possono udire pezzi di ottimo livello, che rendono ogni combattimento, ogni scontro, ogni frame, ancor più dinamico e frenetico. Una nota dolente per quanto riguarda il doppiaggio, spesso fuori sincrono e con delle voci che non rappresentano, qualitativamente parlando, sicuramente il punto più alto della produzione.
Il nuovo corso di Remedy, con Control, può considerarsi promettente. Da un lato troviamo un gameplay divertente e ben congegnato, leggermente limitato da una serie di scelte discutibili (come la scarsa personalizzazione dello skill tree), con una direzione artistica sopra le righe, degna delle migliori pellicole hollywoodiane, dall’altro ci siamo imbattuti in una trama generale tutt’altro che indimenticabile e una protagonista per la quale è quasi impossibile simpatizzare. Jesse Faden è un personaggio poco caratterizzato e fin troppo anonimo, che coinvolge il videogiocatore nella sua storia soltanto parzialmente. La sua è una storia di vendetta che, lentamente, assume connotati nettamente diversi. In un turbinio di situazioni ai limiti dell’umana comprensione, numerosi misteri da svelare e persone da ritrovare e salvare, abbiamo speso circa 25 ore per completare la storia principale e buona parte delle attività accessorie, ammettendo di esserci divertiti non poco, fatta eccezione per qualche situazione in cui il livello di sfida ci è sembrato un tantino sbilanciato. Complessivamente, però, Control è un prodotto che funziona, ma che, probabilmente, non può definirsi il miglior prodotto di Remedy fino a questo momento, come in molti avrebbero invece auspicato. Se siete alla ricerca di un ottimo action dalla sensibile connotazione metroidvania e con un sistema di combattimento fresco e appagante, siete nel posto giusto.
Pro
- Artisticamente ispiratissimo
- Gameplay frenetico, divertente e appagante
- Level design di ottimo livello
- Le variazioni dell'arma principale offrono molte possibilità
- Graficamente di buon livello...
Contro
- ... ma senza far gridare al miracolo!
- Jesse Faden manca di quel carisma tipico dei protagonisti dei titoli di Remedy
- Curva di difficoltà non sempre bilanciata, con alcune sezioni eccessivamente ostiche
- Alcune abilità sono sbilanciate rispetto ad altre