Back in Time – Battle Princess of Arcadias
Salviamo il regno del re oca!
Ormai è da oltre un mese che Back in Time si è addentrata nella nicchia JRPGistica della scorsa generazione. Nelle ultime due settimane abbiamo visto due validissimi giochi della scuderia di NIS America; oggi ne vediamo un terzo, il buon JRPG d’azione a scorrimento orizzontale Battle Princess of Arcadias, giunto su PlayStation 3 circa cinque anni fa.
Rispetto ad altri esponenti del genere, Battle Princess of Arcadias sfoggia alcune caratteristiche peculiari. Il gioco presenta un corposo party, composto inizialmente da tre personaggi, ma destinato a raggiungere le dieci unità. Non tutti i combattenti hanno un’arma esclusiva, ma ciascuno di loro é comunque dotato di parametri, skill e moveset differenti. All’inizio di ogni missione occorre scegliere tre personaggi, i quali vanno a comporre il battle party. In battaglia si utilizza un combattente per volta: gli altri possono fornire supporto per attacchi combinati, a seconda del livello di affinità (Honor), e possono altresì sostituire il “titolare” con la pressione di R2 o L2; il turn-over é caldamente consigliato, non solo per sfruttare i punti di forza dei propri alleati, ma anche per permetter loro di recuperare salute (con la giusta abilità).
Ma l’esercito della Battle Princess é molto più grande: la nostra Plume, infatti, ha a disposizione un’intera Brigade, composta da unità generiche delle stesse classi dei membri del party. Oltre alle missioni classiche, denominate “Combat”, il gioco propone anche battaglie contro altre Brigade (“Skirmish”) e contro i boss (“Siege”); esistono, comunque, anche delle boss battle che si combattono in modo classico. Le prime sono fondamentalmente basate sui rapporti di debolezza delle armi – il meccanismo é simile a quello di Fire Emblem, ma complicato dalla presenza di più classi – e sul livello delle truppe, aumentabile spendendo denaro. Le seconde, invece, richiedono di eliminare lo scudo del boss e di fiaccarlo nell’intervallo in cui la protezione si sta ripristinando.
Questi elementi sono molto graditi perché sono relativamente inediti e aggiungono varietà a un genere che rischia di essere monotono. Qualche problematica é sollevata dal sistema di controllo, che si serve di soluzioni non comodissime: in Battle Princess of Arcadias, gli ordini (formazione offensiva, difensiva, ecc.) sono dati in tempo reale, come in Patapon, ma nel frattempo occorre controllare anche il proprio personaggio. Il menu degli ordini é accessibile mediante il tasto R1, che però farà comparire prima il menu degli oggetti, quindi occorrerà premere anche il tasto Triangolo. In questo modo, per dare un comando alle truppe, dovrete – mentre controllate anche il vostro combattente – premere R1, premere Triangolo e poi scorrere le varie voci con Cerchio o Quadrato. Ci si abitua, però nelle situazioni concitate non é il massimo.
Analizzate le dinamiche più insolite, passiamo in rassegna quelle più classiche. Battle Princess of Arcadias é un A-JRPG semplice ma solido, caratterizzato da un battle system facilmente assimilabile e meno frenetico rispetto a quello di altri esponenti del genere: ciò é dovuto ad una molteplicità di fattori, tra cui la relativa lentezza dei movimenti, la scarsa resistenza dei personaggi (anche se poi moltissimo dipende dal numero di HP e dall’accessorio equipaggiato) e l’assenza di cancel. I moveset non sono amplissimi e, tutto sommato, il giocatore non é incentivato a sfruttarli appieno. La semplicità di base, tuttavia, non comporta necessariamente un’eccessiva facilità, anzi, alcune boss battle potrebbero mettere in difficoltà più di qualcuno. Rimane il fatto, comunque, che la natura ruolistica del gioco consente di sopperire alla non-abilità manuale con un pizzico di grinding ripetendo qualche stage, magari alla ricerca di un rank superiore.
La capitale funge da hub ed é “monodimensionale”: nei panni di Plume potete solo camminare in orizzontale lungo le tre schermate che vi portano dai confini della città alla sala del re. Dalla prima schermata si accede al Merchant, che vende oggetti, armi e accessori (equipaggiabili da tutti i personaggi), alla caserma, in cui si potenziano le truppe, e, infine, al Weaponsmith, che consente di migliorare le armi, aumentandone i parametri o sbloccando le abilità ad esse legate; si tratta di sistemi di crafting elementari e non indispensabili, ma piacevoli per quanti vogliano approfondirli.
I personaggi possono equipaggiare un’arma, un accessorio e cinque tipi di consumabili. Ciascuno di essi ha quattro parametri: HP, ATK, DEF e LUC. Nel corso della battaglia si riempie la barra degli SP, che consente di eseguire le super mosse. Il sistema di crescita é basato sul classico level-up, che sblocca anche le skill. Tutto abbastanza semplice, tutto abbastanza classico, anche se il bilanciamento non é sempre ottimale.
Il comparto tecnico messo a punto da Apollosoft per Battle Princess of Arcadias é, prevedibilmente, poca cosa, come da “tradizione” Nippon Ichi Software. Quello che potrebbe sorprendere, invece, é come il gioco possa apparire così bello! Tutto merito di una direzione artistica adorabile, che fra character design (il re é un’oca, una pucciosissima oca, NdR) e scelte cromatiche non ne sbaglia una. L’ispirazione proviene dai teatrini, come é evidente dalle schermate di caricamento che richiamano un sipario; in questa chiave, potrebbero apparire più ragionevoli le animazioni legnose, che riprodurrebbero le “movenze” dei burattini, anche se é evidente che si tratta innanzitutto di un limite tecnico. Altra tiratina di orecchie per la varietà dei nemici: sono abbastanza pochi, quindi il palette swapping é più frequente rispetto ad altri esponenti del genere.
Il sonoro può contare sull’ottimo doppiaggio originale (assente quello in Inglese) e su una colonna sonora di qualità. Il primo accompagna le varie cutscene in modo brioso, risultando ispirato soprattutto per personaggi come la schizofrenica Odette e il poetico Hevelke. La OST, composta da Takashi Okamoto, esplora prevalentemente sonorità J-Pop con qualche coloritura rock, in linea con l’atmosfera quasi sempre leggera, ma energica, che pervade il gioco. Alcune musiche di background, invece, potrebbero venire a noia, soprattutto per la frequenza con cui verranno riproposte.
La trama non é uno degli elementi gestiti meglio da Apollosoft. Protagonista della vicenda é Plume, una ragazza scelta per il ruolo di Battle Princess, dotata di una forza straordinaria messa al servizio del Regno di Schwert, continuamente minacciato da potenti mostri. I toni leggeri consentono di inserire il gioco nel filone umoristico/demenziale inaugurato più di dieci anni fa da Nippon Ichi Software; a risultare spassosi non sono tanto i risvolti della trama, quanto i vari personaggi e le relazioni infra-party che vengono a crearsi. Il cast, tenuto conto anche della durata del gioco, forse é anche troppo nutrito, quindi qualche volto passerà un po’ inosservato. Questo problema é risolto almeno in parte dai siparietti contenuti in eventi opzionali e sidequest. L’intreccio, al netto di tutte le considerazioni svolte fino ad ora, ha anche un’ossatura più seriosa e non particolarmente originale; soffre, per giunta, di alcuni problemi di ritmo, alternando fasi in cui non succede nulla a colpi di scena un po’ affrettati (e “telefonati”, talvolta) nelle fasi conclusive.
Battle Princess of Arcadias potrebbe tenervi occupati per una ventina di ore o (ben di) più, a seconda dell’abilità e della propensione a visionare eventi opzionali e svolgere sidequest e post-game. I Trofei sono 43: arrivati ai titoli di coda, probabilmente ne avrete raccolti meno della metà; gli altri sono abbastanza dispendiosi in termini di tempo, in particolare quelli che richiedono di raggiungere il livello 99 con tutti i personaggi e il massimo di Honor fra tutti i personaggi, per non parlare della coppa d’oro che si sblocca ottenendo la valutazione S in tutte le battaglie.
Battle Princess of Arcadias è un gioco di buona fattura, che non mancherà di intrattenere gli appassionati del genere, e che potrebbe affascinare anche altre fasce di pubblico grazie alla sua direzione artistica e a una complessità non esagerata. Sottovalutato.