Super Mario Odyssey – Provato
Le nostre prime impressioni sul nuovo titolo della saga di Super Mario.
Ho visto il mondo attraverso gli occhi di un Goomba, e la vita di un Goomba fa schifo: sei lento, goffo, salti poco e hai un incedere zoppiccante. Per fortuna, nell’ora e mezza che ho passato in compagnia di Super Mario Odyssey (mostrato recentemente al Nintendo Direct), provato – dopo una prima volta un paio di mesi fa – direttamente negli studi di Nintendo Italia, sono stato anche un Koopa capace di lanciare padelle e frantumare ogni angolo dei coloratissimi mondi visitati, ho vestito i panni di una palla infuocata che si trovava a suo agio nel mare di lava e ho esplorato le profondità marine di Seaside Kingdom, dopo aver rubato le sembianze ad un Pesce Smack infuriato col mondo.
Sono tante le parole che potrebbero essere associate alla nuova avventura dell’idraulico (ora disoccupato) più famoso del mondo, ma la verità è che la chiave di lettura è contenuta nello stesso titolo del gioco: Super Mario Odyssey è un’odissea nel senso omerico del termine, il viaggio di un novello Ulisse con i baffi e col cappello rosso, una continua scoperta di mondi ignoti all’insegna della più totale esplorazione, dove non vi è mai un’unica strada, ma sta al giocatore crearsi con la propria fantasia e con il proprio ingegno il percorso verso il prossimo boss e, ovviamente, verso la salvezza della principessa Peach. Super Mario Odyssey riesce a rompere gli schemi ad ogni frame, anche solo nei tre mondi esplorati in questa anteprima.
La prova di Super Mario Odyssey metteva a disposizione tre mondi: Cap Kingdom, Luncheon Kingdom e Seaside Kingdom. Il primo è il livello iniziale di Super Mario Odyssey, vale come una sorta di tutorial e introduce il più classico dei cliché della serie, lo stesso incipit portato avanti quasi costantemente da oltre trent’anni. Il sipario si alza su Mario e Bowser intenti nella loro eterna lotta, ma solo per pochi istanti, giusto il tempo di vedere lo storico nemico fuggire via tenendo sotto braccio la povera Peach, a bordo della sua nave volante. Qui la storia prende una svolta perché, ancora mezzo stordito, Mario si ritrova nel Regno dei Cappelli, costretto a stringere un’alleanza con un copricapo parlante – il simpatico Cappy – anche lui privato di sua sorella, rapita anch’essa da Bowser.
Come è stato visto e detto nei vari filmati di presentazione, il cappello di Mario permette all’eroe di passare da corpo a corpo, sfruttando così i punti di forza e le peculiarità dei vari nemici, una meccanica che stravolge completamente le regole e gli approcci a cui il platform della Grande N ci ha abituati da oltre tre decadi. Il breve tutorial di Cap Kingdom scalfisce solo la superficie degli infiniti nuovi approcci permessi da tale geniale trovata: nel primo mondo, grazie al tasto Y o al movimento di due Joy-Con, viene spiegato come lanciare il cappello e “possedere” le varie creature, come delle normalissime rane, le quali riescono però a compiere salti notevoli, indispensabili per superare anche le barriere più elevate, cosa che le gambe di Mario non sono in grado di fare.
Cap Kingdom si concludeva con il primo boss di Super Mario Odyssey, uno scontro a dire il vero piuttosto lineare contro uno dei tirapiedi di Bowser, un coniglio matto incaricato di organizzare il matrimonio con Peach. La pugna viene risolta in breve tempo e con qualche salto sulla testa, ma già in questi primi momenti si scorge il potenziale di Cappy, non solo un’arma con cui bloccare la corsa dello strampalato coniglio, ma anche uno strumento con cui deflettere attacchi e creare nuove strategie offensive. Se nei primi momenti ho preferito optare per una tranquilla pressione del tasto Y per scagliare il copricapo, le fasi più convulse e frenetiche, come per l’appunto le boss fight, mi hanno fatto cambiare idea e scoprire in men che non si dica il gusto di agitare come un ossesso i Joy- Con, per scagliare in tutte le direzioni il prezioso alleato.
Super Mario Odyssey mi è letteralmente esploso fra le mani non appena sono giunto a Luncheon Kingdom, un mondo popolato da pomodori incandescenti, fiumi di lava piccante e Goomba col cappello da chef. Qui mi devo avvalere di un caso concreto: il livello era diviso in varie aree ma, dopo qualche salto su un paio di piattaforme e qualche Goomba schiacciato, credevo di aver imboccato una via senza uscita, a cui sono succedute varie morti, perché semplicemente non sapevo dove andare. La soluzione era proprio sotto il mio naso, anzi sulla mia testa: così, lanciando Cappy in direzione di una palla di fuoco ed entrando nel suo copro, mi sono potuto tranquillamente avventurare dentro il mare infuocato e perdermi per scoprire sempre nuove aree segrete e zone bonus.
Super Mario Odyssey premia gli approcci più fantasiosi: salvo rari casi, il livello può essere portato a termine come meglio si crede, sfruttando tutti i poteri dei personaggi su schermo, oppure utilizzando un approccio più classico, saltando passo dopo passo sulle piattaforme. Cappy va ben oltre i soliti power up a cui la serie ci ha abituati, allarga gli orizzonti, espandendo sensibilmente la componente esplorativa, premiata inoltre da un level design che, almeno in questa prova, si è rivelato uno dei fiori all’occhiello di Super Mario Odyssey. Fidatevi, almeno in un paio di casi ho portato a termine una sezione senza quasi nemmeno accorgermene, perché intento a generare caos scagliando padelle contro qualsiasi cosa mi si parasse davanti, oppure perché mi ritrovavo a vagare senza una precisa meta, semplicemente perché avevo scovato un blocco da rompere piazzato nel bel mezzo di un isolotto circondato da lava.
Proprio come per Cap Kingdom, anche la conclusione di Luncheon Kingdom è coincisa con una boss fight, ancora una volta contro uno dei wedding planner di Bowser. Forse è superficiale ribadirlo, ma pure questo secondo scontro era strutturato in maniera tale da far lavorare la materia grigia e sfruttare il prezioso cappello. L’esperienza in Luncheon Kingdom, con ogni probabilità, è stato solo l’antipasto di quello che avrà da offrire Super Mario Odyssey, ma, se il buongiorno si vede dal mattino, possiamo tutti quanti stare sereni sulla qualità del prodotto finito.
Rispetto al mondo incandescente di Luncheon Kingdom, Seaside Kingdom ha proposto un’ambientazione marittima più tradizionale, con il livello strutturato in maniera tale da rendere facilmente individuabili le mosse corrette. Per arrivare al faccia a faccia con un gigante polpo viola dalla testa infuocata si dovevano prima sbloccare cinque torri, ciascuna attivabile tramite un sistema diverso, ciascuna un piccolo spaccato dell’enorme variabilità racchiusa in Super Mario Odyssey. Le fasi più tipicamente platform si alternano e si fondono alla perfezione assieme a quelle più ingegnose, in cui spendere qualche secondo per guardarsi in giro, studiare l’ambiente e capire quale creatura sfruttare per giungere a destinazione, come ad esempio un Pesce Smack, indispensabile per attraversare senza troppi patemi d’animo i percorsi sottomarini.
I livelli di Super Mario Odyssey sono tutt’altro che lineari, e anche Seaside Kingdom lasciava decidere in totale libertà quale fosse la strada da seguire, con le colonne che potevano essere sbloccate senza un preciso ordine sequenziale. Infine, anche Seaside Kingdom non poteva che concludersi con una sana boss fight, questa volta inserita appositamente per farci capire fino a che punto potesse spingersi l’utilità di Cappy: dopo qualche tentativo andato a vuoto, è diventato chiaro che per avere la meglio sul furioso polpo si dovessero per forza sfruttare le abilità acquatiche dei nemici disseminati lungo il livello, necessari per spegnere la testa infuocata dell’enorme mostro (buffo) marino.
L’ora abbondante passata in compagnia di Super Mario Odyssey mi ha convinto pienamente, non tanto per il valore – comunque ottimo – della demo in sé, quanto per il potenziale sconfinato, rivelato solo in minima parte da questo primo contatto, con le “possessioni” di Mario che apriranno molteplici approcci a mondi ampi e variegati.