Tekken 7 – Recensione
Quando si tratta di picchiaduro ci sono aspetti familiari che inevitabilmente saltano subito in mente al solo nominare Tekken. Juggle che ridono in faccia alle leggi della fisica e danno vita a combo interminabili, un affezionato roster di combattenti sempre più muscolosi (o sempre più sexy), orsi e altri animali improbabili sono solo alcune delle peculiarità a cui la popolare serie di Bandai Namco ci ha ormai abituati, e che per quanto discutibili inevitabilmente ci fanno accogliere ogni nuovo capitolo a braccia aperte.
Nonostante tale affetto, è innegabile che il precedente capitolo aveva dimostrato dei chiari segni di stanchezza della serie. A parte alcuni capitoli collaterali, Bandai Namco si è dunque presa diversi anni di tempo prima di sfornare il nuovo capitolo “numerato”, che ci arriva su console e PC dopo ben due anni di rodaggio nelle sale giochi giapponesi. Il risultato è un capitolo che porta delle buone novità ma che non si sbilancia a innovare troppo e sconvolgere la propria formula di base.
Una questione personale
Tra le fondamenta di Tekken c’è da sempre la faida familiare dei Mishima, e anche questo capitolo non fa eccezione. Sin dai primi annunci, Bandai Namco aveva annunciato che Tekken 7 avrebbe segnato la conclusione della saga dei Mishima, e nonostante la dichiarazione si sia rivelata esagerata (ma in fondo chi ci aveva creduto davvero?) è vero che costituisce un punto di svolta nell’eterna lotta di sangue che imperversa da anni.
Nel caso vi foste persi le ultime puntate, in Tekken 6 Jin Kazama prende il possesso della Mishima Zaibatsu, e con la sua potenza militare dichiara guerra al mondo intero; l’unico a opporsi all’espansione è Kazuya, che nel frattempo è salito al vertice della G Corporation. Si scoprirà in seguito che l’intento di Jin era proprio quello di provocare un conflitto mondiale in cui lui e il padre, entrambi portatori del Gene del Diavolo, fossero coinvolti. Questo infatti era l’unico modo per evocare l’avvento di Azazel, il demone egizio responsabile dell’esistenza stessa del Gene del Diavolo; solo una volta incarnato il demone avrebbe potuto essere sconfitto, purificando così il mondo dal Gene maledetto tramandato nella linea di sangue di Kazuya.
In Tekken 6 Jin riesce alfine a sconfiggere Azazel, ma i suoi sforzi si rivelano vani, dato che il Gene del Diavolo permane ancora nel suo sangue e in quello del padre.
Tekken 7 riprende la storia da qui. Jin è ancora in coma dopo lo scontro con Azazel, la Mishima Zaibatsu senza il suo leader è allo sbando, e il mondo è ancora nel caos della guerra. Torna quindi sulla scena Heihachi, che si riappropria della Zaibatsu e continuare il conflitto contro la G Corporation per il predominio sul mondo. Senza rivelarvi troppo, nell’arco della trama si affaccerà un altro personaggio chiave della diatriba famigliare: Kazumi, moglie di Heihachi e madre di Kazuya.
La centralità della storia è uno dei tasti su cui Bandai Namco ha più insistito nei mesi passati per promuovere Tekken 7, quindi le aspettative a riguardo non erano basse. Da un lato lo Story Mode risulta sicuramente corposo e ricco di filmati di intermezzo spettacolari dall’alto tasso di azione, con un’efficace transizione tra filmati e azione di gioco vera e propria; dall’altro il senso di “chiusura” anticipato è solo apparente, dato che rimangono in sospeso più questioni di quante se ne risolvano. Possiamo dire che rispetto ai non troppo alti standard della serie quella di Tekken 7 è una storia migliore del solito, ma senza elevarsi troppo dal tipico stile a cui siamo abituati.
Diversamente dalle Story Mode dei titoli NetherRealm, in cui bene o male tutti i personaggi vengono coinvolti nell’arco degli eventi (sebbene a volte un po’ forzatamente), Bandai Namco ha preferito incentrare la storia principale sui personaggi strettamente orbitanti attorno ai Mishima, senza annacquare troppo la narrazione e mantenendo un tono prevalentemente serio. Agli altri partecipanti al torneo è stato dedicato invece un solo capitolo personale in cui dovremo combattere contro un singolo avversario per sbloccare il proprio filmato conclusivo. A questi mini-finali è dedicata la seconda faccia di Tekken, quella più leggera e scanzonata. Sebbene tali filmati non aggiungano praticamente nulla alla storia e lascino un po’ il tempo che trovano, sarebbe stato un peccato non trovare quel pizzico di demenzialità che ha sempre accompagnato la serie sottobanco.
“Nel combattimento conta solo chi rimane in piedi”
Per questo settimo capitolo sembra che Bandai Namco abbia studiato a fondo i propri competitor per carpirne alcuni elementi da assimilare e implementare nella struttura portante tipica di Tekken. Il risultato è una formula di gioco positivamente impreziosita, ma che mantiene la propria identità.
Le novità più evidenti riguardano la nuova barra Rage, che si riempie subendo danni. Una volta riempita completamente (il che accade quando il nostro livello di salute è agli sgoccioli) è possibile attivare una Rage Art, cioè una tecnica speciale capace di infliggere danni ingenti all’avversario. Ci sono poi le Rage Drive che permettono di potenziare certi attacchi consumando la barra Rage. Tra le tecniche speciali ci sono ora le Power Crush, capaci durante l’esecuzione di incassare un certo livello di colpi dell’avversario e andare comunque a segno. Queste novità aggiungono un livello di profondità non trascurabile nel sistema di combattimento, e regalano un tocco di tattica agli scontri. Grazie alle Rage Art ad esempio, uno scontro che sta volgendo nettamente a sfavore di un giocatore può essere stravolto a causa di una disattenzione e l’esito può essere capovolto in pochi secondi.
Nuove meccaniche a parte, è da lodare il lavoro di Bandai Namco nel bilanciamento dei personaggi svolto in questi due anni di sviluppo a braccetto con i feedback dei giocatori giapponesi della versione arcade. I nuovi combattenti sono interessanti e molto variegati, dal colosso di muscoli Gigas all’improbabile Lucky Chloe, fino alla guest star Akuma direttamente da Street Fighter, il cui stile di combattimento si incastra davvero poco bene con lo stile di Tekken così poco compatibile con lo zoning e gli attacchi aerei.
Anche l’esperienza con Tekken Revolution è servita a introdurre un nuovo sistema di “rimbalzo” per le combo, che ora possono essere continuate solo con determinate manovre.
Ci sono poi alcune aggiunte minori ma comunque gradite, come i cambi di livello nelle arene di combattimento nel caso si spinga l’avversario fuori determinati muri, feature già vista in pratica nella serie di Dead or Alive che ha fatto scuola anche in altre serie.
Sembra che il team di sviluppo abbia preso nota dello scivolone di Street Fighter V e abbia mantenuto una buona quantità di contenuti per il single player. Oltre alla già citata Storia, tornano la classica modalità Arcade e la scalata ranking ora dal nome di Battaglia Tesoro, che consiste in una serie infinita di scontri in cui, a seconda della nostra condotta in combattimento, guadagnare una quantità di soldi e oggetti per personalizzare i costumi dei personaggi e persino elementi come la barra della salute ecc; il tutto con il classico sistema di “cinture” che ci farà salire di livello dopo un certo numero di vittorie.
Anche in questo caso non siamo di fronte a una rivoluzione della serie, ma è più che sufficiente a tenervi impegnati per molto tempo, prima di dedicarvi alle partite contro altri avversari umani, sia in locale che online. E a questo proposito, la nostra esperienza online è stata generalmente positiva, anche se non priva di qualche occasionale lag; da precisare però che durante la nostra prova i server sicuramente non saranno stati molto impegnati.
Stile irreale
Per il suo ingresso nell’attuale generazione di console, Tekken 7 è stato sviluppato per la prima volta in Unreal Engine 4, e i benefici di questa scelta sono ben visibili. A parte qualche sporadica imperfezione da aliasing, il motore grafico targato Epic Games esibisce un’ottima qualità grafica con una buona risoluzione, ma soprattutto un frame rate stabile che durante le nostre partite molto raramente è sceso sotto i 60 fps.
Lo stile grafico rimane quello a cui la serie ci ha abituato, anche se alcune scelte di design per i nuovi personaggi non ci hanno convinto a pieno. Alcuni sono ben caratterizzati e convincenti, mentre altri risultano troppo anonimi o troppo bizzarri.
Per quanto riguarda il comparto audio ritroviamo una classica colonna sonora che va dal techno alla dubstep, con qualche saltuario inserimento di cori a enfatizzare i momenti o i luoghi più suggestivi. Ancora un lavoro soddisfacente con il doppiaggio dei personaggi, i quali parlano ognuno la propria lingua natia. Se da un lato questo favorisce una caratterizzazione fedele alla propria nazionalità, dall’altro ci imbattiamo in situazioni assurde nello Story Mode in cui ognuno parla la propria lingua mentre capisce quella degli altri: ecco quindi che nella stessa scena potremo vedere Claudio parlare in italiano a Heihachi, che poi parlerà a Nina in giapponese, che a sua volta risponderà in inglese, e tutti sembrano capirsi perfettamente neanche fossimo in un bar di Star Wars.
Dopo i grandi annunci per la trama, ci saremmo aspettati qualcosa di più risolutivo e coraggioso sul fronte della narrativa, ma in fin dei conti ci troviamo di fronte a una storia ricca di azione e spettacolarità in perfetto stile Tekken. L’unico vero difetto di Tekken 7 è che forse non osa abbastanza nel presentarsi come un capitolo davvero innovativo, ed è un peccato perché a onor del vero con questo capitolo Bandai Namco riesce finalmente a portare in campo diverse novità interessanti, pur senza stravolgere la formula di gioco portante. Le feature legate alla barra Rage aggiungono profondità al gameplay e rendono gli esiti degli scontri meno scontati, costringendo il giocatore a mantenere alta la concentrazione. Il gioco è stato rifinito sotto diversi piccoli aspetti, sotto i quali batte ancora forte l’anima “truzza” carica di azione spettacolare tipica della serie a cui i fan sono inevitabilmente affezionati.
Pro
- Diverse novità nella struttura di gioco
- Personaggi ben bilanciati
- Buon comparto tecnico
Contro
- Storia non incisiva quanto ci saremmo aspettati
- Non abbastanza coraggioso nel rinnovarsi