Remothered: Tormented Fathers – Provato
Non molto tempo fa abbiamo affrontato un’anteprima di Remothered: Tormented Fathers, indie survival horror nostrano dalla spiccata caratterizzazione dei personaggi e enviroment. Il trailer e il materiale a noi concessoci da Darril Arts e Stormind Games aveva decisamente attirato la nostra curiosità, dato il carattere investigativo del titolo stesso.
Finalmente abbiamo avuto l’occasione di toccare con mano le promesse fatte, grazie a questa demo in pre-alpha, alleviando l’attesa per la versione definitiva (che sarà disponibile per PC e Playstation 4).
La nostra prova parte dalla seconda sequenza, gettando noi e la nostra protagonista, Rosemary Reed, nell’imponente e cupa casa del notaio Richard Felton, luogo dove si svolgeranno le indagini per la ricerca di Celeste, bambina scomparsa. Esplorando la struttura in cerca di diversivi, oggetti e nascondigli, troveremo la stanza dove l’allegro proprietario di casa lascia riposare (per l’eternità) la moglie. Da quel momento inizia la nostra rocambolesca fuga per evitare che Richard ci faccia fare una brutta fine.
La prima cosa che colpisce di Remothered: Tormented Fathers è l’atmosfera. Una vera e propria reggia ricca di dettagli, ricordi e oggetti, incornicia un’aria tesa e misteriosa nella quale la nostra protagonista è obbligata a proseguire. È questa curiosità mista a terrore che porta il giocatore a voler esplorare quel posto, pur sapendo che cela un temibile e sconosciuto incubo.
Quel che agevola enormemente questa sensazione è la grafica, curata ed evoluta offerta da Unreal Engine 4, le cui caratteristiche di luce sono state sfruttate in modo esemplare dagli sviluppatori: la sfocatura sulla distanza, le ombre dinamiche e le particelle nell’aria incrementano la sensazione di smarrimento e di ignoto, contrastandola con oggetti d’arredo comuni e famigliari.
Alcune decisioni di stile – come il salvataggio tramite un metronomo che illumina lo specchio sovrastante e inizia a scandire il tempo sono piacevoli e originali – così come la presenza di tantissimi oggetti e diversivi.
Allo stesso modo, il comparto sonoro ci tiene ad aumentare l’ansia provata dal giocatore. La nostra Rosemary sarà accolta da una canzone anni ’40; un sottofondo definito e al contempo poco chiaro che si amalgama con i suoni emessi dalle mura della casa e del temporale in lontananza. Nobuko Toda (noto nome dietro alle colonne sonore di alcuni Metal Gear, Kingdom Hearts, Halo e The Evil Within) ha fatto un eccellente lavoro, ricreando quello che di certo non è un set sonoro da festa di compleanno.
Durante ogni corsa, la nostra protagonista (che non sembra di certo una maratoneta) ansimerà quasi in modo noioso ma non rallenterà la corsa in alcun modo, per cui la perdoniamo.
Un altro aspetto che del comparto sonoro ci ha colpito è il doppiaggio: naturale e ben realizzato, si dimostra di ottima qualità e ben si amalgama negli avvenimenti. Non ci sono enormi dialoghi, se non quelli poco amichevoli del padrone di casa, ma allo stato attuale non possiamo che lodarli.
Come detto, Remothered: Tormented Fathers per adesso si limita a dimostrare una parte del gioco, e come tale racchiude anche l’anima del survival horror.
Quello che ci siamo trovati di fronte è una formula che prende elementi dal genere run and hide, aggiungendo però stile e modalità molto più simili agli horror psicologici come Silent Hill. Sfruttare diversivi, elementi della casa e dover usare oggetti per risolvere puzzle, distanziano il titolo dall’essere il classico jumpscare da dietro a una porta, regalando un profondo coinvolgimento legato agli avvenimenti.
Ansia, voglia di proseguire e timore sono tutti sentimenti che il gioco trasmette con la sua sola atmosfera, lasciando da parte le banalità e portando il giocatore in una casa normale, con oggetti normali, in circostanze normali.
Stiamo seguendo con molta cura lo sviluppo di Remothered: Tormented Fathers. Da quel progetto 2D originario sta sbocciando un prodotto originale, rifinito con cura e di alta qualità. È sorprendente vedere la cura applicata nei dettagli e nell’environment, nel sonoro e nei personaggi. Quel che dimostra, è che il titolo proposto da Darril Arts non vuole essere un bieco “copia e incolla” di Outlast, ma vuole usare tutto quel che la tecnologia permette per far sprofondare il giocatore in questa terrificante investigazione, vietandogli di spegnere il cervello e correre al primo armadio.
L’unica cosa che ci resta è attendere con curiosità il prodotto finito, viste le alte premesse di questa demo. Speriamo che questo indie riesca a proseguire in questa direzione, dato che potrebbe diventare un vero e proprio capolavoro dell’horror.