Call of Duty: Infinite Warfare – Recensione
Nella vita dei videogiocatori ci sono poche certezze. Esistono titoli che, nel bene o nel male, si ripresentano sempre alla ricerca della propria fetta d’utenza: è il caso degli sportivi stagionali e, negli ultimi anni, anche altri prodotti si sono proposti con cadenza regolare. In questa schiera, imperioso, spicca Call of Duty: Infinite Warfare.
Sorretta dalla buon alternanza di team di sviluppo, la serie si affida questa volta alle sapienti mani di Infinity Ward, rea, nel recente passato, di aver dato i natali a un titolo – a detta dei fan – non all’altezza delle aspettative, e che risponde al nome di COD: Ghosts. Peccato che i più saranno disposti a perdonare sia per i fasti passati, che tornano in auge con Call of Duty: Modern Warfare Remastered, sia per l’infinito impegno che tre anni di lavoro avranno indubbiamente richiesto.
La guerra del futuro
Se da un lato questo stesso anno ci ha visti solcare i campi di battaglia d’altri tempi, con tuffi nel passato di oltre cento anni (Battlefield 1, ndr), Activision guarda in avanti, ipotizzando la guerra del futuro: un futuro in cui la terra non è più sufficiente per ospitare una popolazione mondiale in rapido aumento. Si assiste quindi a una migrazione sui pianeti limitrofi, resi si abitabili, ma che non garantiscono agli abitanti gli stessi benefici di chi è rimasto sulla terra.
Sono queste le premesse che portano agli eventi narrati in Infinite Warfare, dove i giocatori impersoneranno il Capitano Reyes che, in un’escalation di violenza da parte del Settlement Defense Front (SDF, ovvero tutta l’alleanza degli “espatriati”), si ritrova suo malgrado al comando di una delle due navi rimaste dell’intera flotta planetaria; l’obbiettivo del SetDef, le cui fila sono amministrate dal capitano Kotch (impersonato, nella sua controparte digitale, da Kit Harrington, ndr) è molto semplice: vendicare un’aggressione subita anni e anni addietro e conquistare la terra, per porre fine al suo dominio incontrastato. Sarà quindi compito dei giocatori opporsi all’invasione e, con i pochi mezzi a propria disposizione, andare al contrattacco non lesinando lo scontro in prima persona nonostante l’elevato grado delle proprie mostrine. Una storia che non sorprende per originalità ma che consente comunque ai ragazzi di Infinity Ward di “giocare” a proprio piacimento con il gameplay del titolo.
Fasi classiche nel più puro stile a là COD si alterneranno infatti con meccaniche di gioco ben più innovative all’interno della storyline: tornano infatti le sequenze di corsa sui muri, oltre alla possibilità di sfruttare la potenza dei propulsori posteriori per dar vita a balzi ed evoluzioni che risulteranno molto utili per cavarsi d’impaccio nelle situazioni più roventi.
A questo vanno poi aggiunte le missioni accessorie appositamente confezionate, che porteranno i videogiocatori a pilotare velivoli aerospaziali dall’elevatissima potenza di fuoco in scontri altamente spettacolari per intensità, con fasi che garantiranno all’esterno dei velivoli in questione, duelli a gravità zero nello spazio siderale con l’ausilio delle sole armi e di un utile rampino per arpionare gli elementi più vicini. Il risultato sono brevi missioni che risultano gradevoli per scorrevolezza e durata non eccessiva. Certo, a lungo andare mettono in luce una mancata brillantezza, finendo per divenire ben presto un “more of the same” gustoso, ma che può essere tranquillamente lasciato in disparte dopo la prima esperienza, vista la scarsa utilità ai fini della trama.
Interessante risulta essere la diversificazione dell’arsenale a propria disposizione vista la varietà di nemici che si affronteranno sul campo di battaglia. Ai più classici umani saranno infatti alternati avversari robotici, contro cui il piombo potrebbe non bastare: arrivano quindi in soccorso dei giocatori le armi ad impulsi elettrici, che garantiranno il giusto compromesso per abbattere qualsiasi tipo di nemico (sebbene ovviamente ogni tipologia di fuoco sarà maggiormente efficace contro l’avversario specifico, ndr)
Un’ottima fluidità narrativa permea questo Call of Duty: Infinite Warfare, dettata principalmente dall’assenza di caricamenti nelle fasi non-in-game: i giocatori accederanno infatti, al termine delle missioni, al ponte della Retribution, la nave sotto il comando del nostro Capitano Reyes. Da li si potrà controllare l’evoluzione del proprio arsenale, la mappa interplanetaria con missioni principali e secondarie disponibili, e i dossier disponibili sul computer personale, con tante chicche che arricchiscono i profili dei vari personaggi che si incroceranno lungo il cammino, della durata di circa 6 ore, che condurrà ai titoli di coda.
Sfide per cuori impavidi
Una campagna, questa di Call of Duty: Infinite Warfare che non brilla per originalità, e rischia tanto sotto il profilo della rigiocabilità a causa dell’assenza di collezionabili, vera manna per i completisti: a dare un valido motivo per non abbandonare dopo pochissimo tempo il comparto single-player ci pensano le varie difficoltà aggiuntive che si sbloccheranno al completamento della prima e della seconda run, e che innalzeranno decisamente il grado di sfida del titolo. La prima è “Specialista”, e renderà la vita agli utenti molto complicata: ogni colpo subito avrà infatti un suo peso nella gestione della salute dell’alter ego digitale, che sarà visibile sotto forma di hud sulla sinistra dello schermo.
Un colpo alla gamba causerà un rallentamento nei movimenti, rendendoci quindi vulnerabili in caso di scontro in campo aperto, mentre uno all’arma causerà una perdita della stessa, con l’obbligo di recuperarla tramite Quick Time Event. Risulterà quindi importantissimo reperire sul campo oggetti come iniezioni, che cureranno le varie ferite, e caschi, che eviteranno ferite gravi alla testa. Una volta completato il gioco in modalità Specialista ci si potrà confrontare con la modalità “YOLO”, letteralmente You Only Live Once (si vive una volta sola), in cui, inutile dirlo, la morte è permanente: il finire al tappeto indica il game over, con conseguente obbligo di ricominciare l’intera avventura per vedere i titoli di coda.
Chi non spara in compagnia…
Il vero cuore pulsante dell’intera esperienza ludica della serie Call of Duty, si sa, è il suo comparto multigiocatore: non si smentisce nemmeno questo Call of Duty: Infinite Warfare, che si dimostra competitivo sotto tutti i punti di vista, pur non andando a infognarsi in esagerazioni e ricerca di innovazione. Un difetto per chi cercava qualcosa di nuovo certo, ma anche una sorta di continuità con il predecessore, che tanto bene ha fatto sotto il profilo delle vendite e tanto apprezzamento ha ricevuto dall’intera fanbase della serie Activision.
Ritroviamo quindi inossidabile la modalità “Zombi”, che questa volta strizzerà l’occhio agli anni ottanta sia per ambientazioni che per clichè: saremo infatti catapultati all’interno di un luna park a tema, dove quattro personaggi, rispettivamente un atleta, un nerd, un’adolescente e un rapper, finiscono intrappolati in un vero e proprio incubo che doveva essere semplicemente un casting. Orde di Zombie si riverseranno quindi contro i nostri malcapitati, con varie “ondate” che aumenteranno per quantità di nemici e intensità degli assalti col passare dei minuti. Nuove zone saranno disponibili spendendo i punti accumulati eseguendo le azioni all’interno del gioco (uccidere zombie, riparare barricate sfondate, rianimare compagni finiti al suolo), con una mappa di gioco che andrà quindi progressivamente allargandosi, così come il parco armi, con sputafuoco sempre più performanti che saranno acquistabili in punti prestabiliti della mappa.
Sarà fondamentale poi potenziare gli strumenti a propria disposizione attraverso l’utilizzo dei classici “Ticket Premio”, che daranno accesso ad armi via via più potenti, e che garantiranno una sopravvivenza più agevole anche contro il nemico più coriaceo. Utile, in questo caso, per cavarsi d’impaccio sono le Carte Fato e Fortuna, un deck che, posto in basso a destra dello schermo, si ricaricherà con il susseguirsi delle uccisioni accumulate e che permetterà di accedere ad abilità speciali limitate molto utili ai fini della sopravvivenza. La morte non decreterà poi il gameover: i giocatori che spireranno accederanno infatti ad una sorta di limbo che, nella fattispecie, risulterà essere una sala giochi, in cui i giocatori potranno guadagnarsi la loro seconda (ma anche terza, e quarta, e quinta… ndr) occasione dimostrando la propria abilità con i minigiochi a tema che strizzano l’occhio al periodo storico da cui traggono spunto (“ma che ne sanno i duemila?” ndr)! Ogni punto incrementerà una barra che, al riempimento, aprirà la cosiddetta “porta alla fine del tunnel”, un lasciapassare per il ritorno nella valle di lacrime.
Ad animare invece tutto quanto concerne il multiplayer competitivo ci pensano tante modalità che tornano dal passato e che, assieme a qualche intrigante novità, riescono come sempre a intrattenere degnamente i giocatori. Tutto merito ovviamente di un grado di personalizzazione decisamente elevato, che consentirà agli utenti di scegliere fin nel minimo dettaglio l’arsenale e lo stile di gioco da adottare nel corso dei serrati scontri a fuoco. Su quest’ultimo fronte, saranno sei i diversi Kit di Battaglia disponibili, rispettivamente Guerrigliero, Mercenario, Sinapsi, Iperluce, Stryker e Spettro. Ogni stile garantirà una diversa reattività sul campo di battaglia, dall’aggressivo al difensivo, passando per la tatticità, garantendo ai giocatori la giusta varietà in fase di scelta.
A questo vanno aggiunte poi le svariate bocche da fuoco disponibili che, combinate con le tutto l’armamentario di accessori, permetterà ad ognuno di curare al meglio il proprio stile di gioco. Nel corso delle partite, come sempre rapidissime e con scontri serrati, non abbiamo poi riscontrato evidenti sbilanciamenti in favore di giocatori con un livello maggiore, chiaro sintomo di un occhio di riguardo dato in fase di sviluppo. Un titolo che, sotto il profilo del multiplayer competitivo, cerca di non strafare, restando nel territorio sicuro cementificato dall’esperienza di Black Ops III, e che getta le basi per un solido e rose futuro.
La quiete dopo la tempesta
Sotto l’aspetto tecnico, Call of Duty: Infinite Warfare si dimostra altamente performante, pur non lesinando con qualche difettuccio: ottimi sono i modelli poligonali dei personaggi principali, così come anche le texture che, unite ad un framerate stabile, garantiscono una buona fluidità sullo schermo. Ottima anche la localizzazione italiana, con un doppiaggio come sempre finemente curato, capace di dare il giusto spessore a qualsiasi personaggio prenda la parola.
Dovendo muovere una critica a questo Infinite Warfare il nostro occhio cade sui vari ambienti di gioco: qualche sforzo in più si sarebbe potuto fare sotto il profilo della varietà, dal momento che questi finiscono ben presto per divenire monotoni e stereotipati, soprattutto per quanto concerne le missioni secondarie. ma sono peccatucci veniali che non minano la validità di un titolo che farà la gioia dei fan del brand, e che permetterà ai giocatori di mettere una definitiva pietra sopra la piccola défaillance degli Infinity Ward che risponde al nome di COD: Ghosts!
Pro
- Ottimo comparto multigiocatore
- Personalizzazione elevata
- Buon lavoro sotto il profilo tecnico...
Contro
- ... sebbene con qualche piccola magagna
- Singleplayer a tratti pretestuoso