Party Hard – Recensione
Il caos. Prendete un killer che, probabilmente infastidito dal troppo baccano generato da decine e decine di persone riunite per dar vita ad un party, decide di farsi giustizia da solo, sfracellando chiunque gli capiti a tiro con l’unico, ignobile scopo di porre fine a quella fragorosa baldoria, responsabile di insopportabili notti in bianco trascorse a contare le pecorelle. Aggiungeteci un gameplay che, per quanto condito da meccaniche stealthteoricamente alquanto goduriose, naviga in un mare magnum costituito da un potpourri di possibilità giocose che definire aleatorie sarebbe poco, quindi shakerate il tutto con una realizzazione tecnica evidentemente ispirata ad altre pixellose produzioni ed otterrete il (devastante) quadro della situazione. Forse.
Una strage silenziosa
Una serie di livelli, inframezzata da invero poco eccitanti cutscene, cerca invano di imbrigliare il fruitore, evidentemente sbigottito da cotanta farneticazione narrativa. E se la trama di Party Hard assume connotati in fin dei conti estremamente trascurabili, ciò che non può essere assolutamente non considerata è la poca incisività del precipuo canovaccio ludico, capace di spingere l’homo ludens al suicidio, più che all’omicidio. L’idea alla base del gioco, qualora non risultasse abbastanza chiara, consiste nello sterminare ogni forma di vita presente sullo schermo. Per farlo, l’inebetito criminale potrà emularsi cesaricida e pugnalare nella maniera più accorta possibile le ignare vittime, piuttosto che sfruttare un’ampia varietà di trappole “ambientali” disposte in lungo e in largo per la mappa di gioco, ponendo particolare attenzione a non farsi scoprire. Qualora l’assassino venisse colto in flagranza di reato, infatti, i civili convocherebbero in pochi istanti la pula locale, ponendo in serio rischio l’incolumità delle sue natiche.
La legge è legge
L’avvento delle forze dell’ordine rappresenta, oltre che una perigliosa avvisaglia di game over, uno dei pochissimi elementi in grado di instillare pathos all’interno di una tensione giocosa altrimenti monocorde e priva di alcun mordente. Il meccanismo di psicosi che scatta nelle menti di coloro i quali si limitano ad osservare la messa in atto degli omicidi, infatti, si traduce a video in un fuggi fuggi generale soventemente poco intelligibile e quasi totalmente casuale, costringendo il videogiocatore a sperare che le trappole preparate per friggere quanti più innocenti possibili scattino contemporaneamente al passaggio di questa agitata fiumana di gente impazzita. Un fenomeno aleatorio che viene ulteriormente gravato da una generazione semi-procedurale delle ambientazioni e dei vari escamotagesfruttabili. In poche parole, attuare una strategia precisa è praticamente impossibile. Prosit.
Avanti un altro
Conseguentemente alla discreta dose di deretano richiesta per uscire vincitori da uno schema, non potendo far affidamento alla sola strategia e considerando pure l’elevata difficoltà generale, le partite si risolvono spesso in un banale gioco di attesa: si aspetta che una delle vittime si ritrovi all alone e la si purga bellamente, infliggendole una coltellata alla schiena. Poi si passa all’altra, e così ad libitum sino ad esaurimento scorte. Party Hard si sostanzia come la piena espressione dello stealth maldestro, in cui la buona riuscita dell’attentato è eccessivamente legata alla fortuna, più che all’abilità, svilendo ogni tentativo atto a mettere in scena una strategia articolata e furba. Party Hard muore allorquando gli altri esponenti del suo genere prendono vita, mancando di capitalizzare su tutti quegli attimi vissuti in fervente attesa del millisecondo consono ad annichilire il prossimo, trasformandoli in momenti estremamente noiosi, facilmente sfocianti in un torrente di bestemmie ed imprecazioni varie, qualora qualcosa dovesse andar storto. Insomma, se il vostro sogno bagnato è quello di vestire i lordati panni di un imberbe killer dotato di poca arguzia e tantissima sfiga, riprodotto peraltro in una pixel art che sembra essere la copia sbiadita di quella ravvisabile in altre produzioni dal distinto profumo ottobittiano, allora Party Hard è il gioco che fa per voi. Qualora non rientraste in questa ben precisa tipologia di persona, oltre a complimentarci con voi, suggeriamo di stare alla larga da cotanta cacofonica dissonanza di stealth e pixel art. E poi non dite che non vi vogliamo bene.
Pro
- - Premessa originale
- - Comandi semplici ed immediati
Contro
- - Pathos zero
- - Gameplay scialbo e banale
- - Direzione artistica discutibile