Armikrog – Recensione
Nel 1995, all’apice delle piattaforme a 16-Bit, venne rilasciato un certo Earthworm Jim, ancora oggi considerato tra i migliori platform dell’epoca. Oltre all’indiscussa qualità delle meccaniche e del comparto tecnico, ancora piacevoli a 21 anni di distanza, il titolo di Shiny Entertainment si distingueva grazie a uno stile unico e dissacrante, opera di Tom Tanaka e, soprattutto, di un ispirato Douglas Richard “Doug” Tennapel, eclettica figura di sceneggiatore, fumettista, scrittore e game designer.
L’anno successivo Tennapel venne scritturato, insieme a Mark Lorenzen, per un titolo dallo stile molto simile a Earthworm Jim, ma di tipologia completamente diversa. Caratterizzato dallo stile artistico di Tennapel e da un originale comparto visivo interamente basato sulla tecnica dello stop motion, Neverhood viene ancora oggi ricordato come una delle avventure punta e clicca più particolari di sempre.
Forti del successo del titolo gli sviluppatori decisero nel 1998 di lanciare un seguito ufficiale, Skulmonkeys, che avrebbe di nuovo abbandonato le meccaniche da avventura grafica del predecessore per tornare allo stile platform che aveva caratterizzato i primi lavori di Tennapel.
Dovranno passare quasi venti anni da quella prima avventura in stop motion per vedere un titolo che lo stile e le meccaniche punta e clicca di Neverhood. Sviluppato da Pencil Test Studio, distribuito da Versus Evil e finanziato tramite una campagna Kickstarter che raggiunse la cifra di un milione di dollari, questo Armikrog riprende fedelmente le atmosfere, le ambientazioni e i personaggi surreali tanto cari a Doug Tennapel, questa volta affiancato dagli altrettanto visionari Ed Schofield e Mike Dietz.
Pubblicato già su PC quasi un anno fa, Armikrog viene ora riproposto su PlayStation 4 (e previsto anche per Xbox One e Wii U) in una versione leggermente migliorata, che lima alcuni bug che caratterizzavano la prima versione.
NELLO SPAZIO PROFONDO
Il mondo di Ixen sta passando la peggiore delle crisi energetiche. Per evitare l’estinzione totale della popolazione, vengono inviate alcune spedizioni in cerca del rarissimo P-Tonium, in particolare verso un pianeta chiamato Spiro-5 e famoso per essere piuttosto ricco della potente forma di energia.
Dopo numerosi fallimenti, l’ultima speranza viene riposta nel nostro protagonista Tommynaut, fratello minore di Vognaut e Numnaut, morti eroicamente durante la ricerca del P-Tonium. Appena giunti sul pianeta Spiro-5 insieme al nostro fedele Beak Beak, un cane mutato e rauco, scopriremo ben presto i motivi del fallimento delle precedenti spedizioni. Sfuggiti a fatica dalle fauci di una famelica creatura aliena dopo un disastroso atterraggio di fortuna, troveremo rifugio in una fortezza conosciuta come Armikrog, ultimo baluardo in un pianeta ormai devastato e deserto. Una volta al sicuro nell’Armikrog, quindi, oltre a cercare il raro P-Tonium, il nostro Tommynaut dovrà anche indagare sulle cause che hanno portato alla scomparsa della popolazione di Spiro-5, cercando nello stesso tempo di venire a capo delle surreali situazioni e degli ostici enigmi dei quali la fortezza sembra piena.
La storia di Armikrog, dopo una piacevole introduzione musicale, viene narrata in modo decisamente originale: al di là dei rari filmati e degli altrettanto rari dialoghi, l’unico a poter realmente captare i messaggi lasciati dagli abitanti sarà il nostro Beak Beak. Grazie ai suoi sensi canini, infatti, il rauco animaletto riuscirà a comprendere parzialmente i messaggi lasciati dagli abitanti di Spiro-5, necessari per comprendere la storia che si cela dietro la desolazione del pianeta. Messaggi che saranno pienamente comprensibili per Tommynaut (e per noi) solamente verso la fine dell’avventura.
AVVENTURE DI PLASTILINA
L’originalità stilistica di Armikrog non si limita alle ambientazioni, ma coinvolge anche un sistema di controllo che, pur ispirato alle classiche meccaniche dei punta e clicca, riscrive e stravolge alcune regole.
Come in Neverhood, infatti, la prima cosa che notiamo è la totale mancanza di una qualsiasi informazione su schermo e l’assenza di un inventario. Il nostro Tommynaut, nei punti giusti, utilizzerà infatti in automatico gli oggetti raccolti in precedenza e custoditi nel suo capiente stomaco.
Nessuna possibilità, quindi, di esaminare i singoli oggetti, di combinarli o di sperimentare improbabili accoppiate tra hotspot e oggetti che, in titoli come Broken Sword o Monkey Island, davano il via a gustose battute. Una semplificazione forse estrema per i puristi, abituati a considerare l’esame degli oggetti raccolti come parte del fascino di qualsiasi punta e clicca, ma che in Armikrog permette di concentrarsi meglio sull’ambiente circostante.
La difficoltà della nostra avventura sta tutta nella presenza di numerosi puzzle e nella stessa struttura della fortezza, due elementi spesso collegati tra loro. Un’attenta esplorazione delle stanze di Armikrog, infatti, permette di raccogliere indizi e simboli importanti per la risoluzione degli enigmi, alcuni dei quali piuttosto contorti ma mai frustranti, la maggior parte delle volte basati su meccanismi in grado di sbloccare l’accesso a nuove stanze.
Sarà quindi importante munirsi del classico taccuino per prendere appunti o della più moderna macchina fotografica del cellulare.
Lineare all’inizio, la nostra avventura richiederà ben presto un frequente (ma mai fastidioso) backtracking, nel tentativo di collegare tra loro i vari indizi e meccanismi nascosti nella fortezza. In nostro aiuto verrà il fedele Beak Beak il quale, ben lontano dal ruolo di semplice spalla, si rivelerà utile in molte occasioni. Con la pressione di un tasto prenderemo infatti il controllo del quadrupede, che grazie alle sue ridotte dimensioni e ai suoi sensi particolari, potrà raggiungere zone precluse a Tommynaut o captare situazioni e dialoghi fuori dalla comprensione del nostro protagonista. Un tocco di classe: la lingua che caratterizza i messaggi captati, essendo aliena, è giustamente incomprensibile nelle prime fasi della nostra avventura, e solo verso la fine disporremo degli strumenti culturali necessari per assimilare l’idioma di Spiro-5. Un po’ come avviene nel recente remake di Shadow Of The Beast.
Abituati alla classica gestione degli oggetti dell’inventario, tipica dei clicca e punta più classici, ci troveremo inizialmente spaesati dall’originalità delle meccaniche di Armikrog, ma dopo un paio di ore si assimila perfettamente la filosofia dietro gli enigmi e le situazioni che incontreremo, permettendoci quindi di procedere ben più spediti. Enigmi, va detto, ben bilanciati, talvolta ripetitivi, ma sempre perfettamente inseriti nel contesto, la cui unica vera difficoltà, oltre alla ricerca dei vari indizi e simboli, non consiste nel riuscire a capire cosa fare, ma come farlo.
Passando al sistema di controllo, trattandosi di un punta e clicca su console ci saranno gli inevitabili dubbi iniziali: per quanto ben studiato, un simile sistema di controllo su console non potrà mai eguagliare l’accoppiata mouse-PC, sulla quale i punta e clicca sono stati modellati sin dall’inizio.
Pur entro certi limiti, gli sviluppatori sono riusciti a fare comunque un buon lavoro. La leva analogica, come ci si aspettava, sostituisce il puntatore del mouse (che cambia forma in base al contesto, a differenza di quanto avveniva nelle prime versioni per PC), mentre a pochi altri pulsanti è affidata l’interazione con lo scenario e la possibilità di passare il controllo da Tommynaut a Beak Beak.
Come in altre avventure grafiche recenti su PlayStation 4 (vedi Broken Sword 5), si può spostare il cursore e interagire con lo scenario anche utilizzando il touch-pad del Dual Shock, ma rimane un sistema piuttosto scomodo e sensibile.
L’unica scelta veramente incomprensibile rimane la gestione del sistema di salvataggio. Il titolo di Pencil Test Studio infatti, permette di salvare i nostri progressi solamente in automatico o tornando nel menù iniziale tramite le opzioni, eliminando alla radice uno degli meccanismi più utili di molte avventure grafiche: la possibilità di creare a piacere vari slot di salvataggio da riprendere in qualsiasi momento. Un sistema poco intuitivo, quindi, più adatto a un qualsiasi Soulslike che a un punta e clicca.
La longevità della nostra avventura, come sempre accade nelle avventure grafiche, è direttamente proporzionata alla nostra capacità di risolvere i vari enigmi, ma rimane comunque al di sotto della media. Fuggire dalla fortezza di Armikrog, infatti, non richiederà più di quattro o sei ore.
ARTE IN STOP MOTION
Dietro Armikrog c’è la mente del creatore di Earthworm Jim, e si vede. Visivamente originale e piacevole, il titolo di Pencil Test Studio utilizza ambientazioni dallo stile unico, visionario, realizzate con un solido motore Unity Engine, con un comparto puramente artistico che risulta essere uno dei suoi punti di forza, grazie anche di una tecnica di animazione raramente utilizzata in ambito videoludico.
Sfruttando la tecnica della claymation animata in Stop-Motion, già vista in Neverhood e Skullmonkeys, l’avventura del nostro Tommynaut è infatti interamente realizzata animando modellini di plastilina passo dopo passo con un risultato molto piacevole che, visivamente, avvicina Armikrog ad alcuni titoli cinematografici come Nightmare Before Christmas.
Dagli scenari ai personaggi fino alle singole animazioni, ogni elemento è stato realizzato a mano e si muove con una fluidità piacevole, considerando anche la complessità della tecnica utilizzata.
Alla buona realizzazione artistica e tecnica si accompagnano (rari) dialoghi ben caratterizzati e, soprattutto, una graziosa colonna sonora di Terry Scott Taylor, che ricorda molto il Tommy Tallarico del primo Earthworm Jim.
Armikrog, lo diciamo senza mezzi termini, è un buon titolo che potrebbe non piacere a tutti gli appassionati di avventure grafiche. La sua natura minimalista, causata dalla quasi totale assenza di dialoghi, dalla mancanza di un inventario, dalla brevità dell’avventura, unite all’utilizzo automatico degli oggetti e a un sistema di salvataggio piuttosto inusuale per la categoria, potrebbero deludere quei veterani abituati a punta e clicca di ben altra complessità.
D’altra parte, il buon comparto tecnico, l’originale realizzazione artistica, la piacevole frequenza e complessità degli enigmi, insieme allo stile inconfondibile di Douglas Tennapel, rendono il titolo di Pencil Test Studio una valida, surreale e piacevole alternativa alle ormai rare avventure grafiche classiche.
Pro
- Tecnicamente buono
- Miglioramenti rispetto alla versione PC
- Artisticamente affascinante e surreale
- Meccaniche semplificate...
Contro
- ...ma forse troppo
- Abbastanza breve