Kholat – Recensione
Lo studio indipendente IMGN.PRO aveva rilasciato Kholat, survival horror in prima persona basato sull’esplorazione, già nell’estate del 2015 su PC. Il titolo viene ora rimesso a nuovo per Playstation 4: mantenendo le medesime meccaniche viste nella versione originale, con qualche piccolo aggiornamento grafico e un meno frustrante sistema di respawn Kholat è pronto per farsi conoscere dai possessori della console ammiraglia Sony.
L’orrore sul Kholat Syakhl
Kholat Syakhl è il nome di una montagna tristemente famosa per un incidente che ha portato nove studenti perdere la vita nel febbraio del 1959, durante un’escursione. Passato alle cronache come l’incidente del passo Dyatlov – così ribattezzato dopo il triste fatto utilizzando il nome del capo spedizione Jgor Dyatlov – l’evento è stato archiviato dai servizi segreti russi come un vero e proprio X-File: i corpi degli escursionisti furono ritrovati nel corso delle settimane successive a differenti distanze rispetto al campo base, come se questi fossero fuggiti in diverse direzioni presi dal panico. Come se non bastasse, nonostante non vi fossero evidenti segni di colluttazione o lesioni sui loro corpi, alcuni di essi furono ritrovati con fratture alle ossa del cranio e altri con la lingua mozzata. Su tutti i corpi, infine, le analisi evidenziarono un’alta concentrazione di radiazioni. È voce dell’attore Sean Bean – non nuovo a collaborazioni con il monto dei videogiochi – a raccontarci tutto questo durante il filmato introduttivo del gioco, il cui comparto audio è probabilmente la parte più curata e riuscita di tutta l’esperienza: la voce di Bean, profonda e teatrale, ci porta direttamente sul Kholat per iniziare le nostre indagini sulle tracce della spedizione scomparsa, per quella che le autorità nel ’59 hanno bollato come una serie di morti causate da un’irresistibile forza sconosciuta.
Là sui monti con l’Unreal Engine
Altro fiore all’occhiello di Kholat, oltre al curatissimo comparto audio, è la grafica: tecnicamente su Playstation 4 l’Unreal Engine 4 mostra i muscoli gestendo molto bene la neve, la vegetazione, le intemperie e i riflessi sul ghiaccio e sulle rocce. Volendo trovare il pelo nell’uovo potremmo avere da ridire su alcune texture che a distanza ravvicinata non appaiono proprio rifinite a dovere, ma senza dubbio a livello complessivo il comparto tecnico di Kholat passa l’esame. Dobbiamo solo segnalare qualche sporadico calo di framerate, solitamente da noi registrato nel passaggio da un’area chiusa come una grotta o una foresta verso un’area più vasta in cui imperversa la tormenta di neve: in questi rari casi la PS4 ha faticato e mostrato qualche scatto di troppo sullo schermo. Inoltre, dobbiamo segnalare dei tempi di caricamento sopra la media: potremmo giustificarli con la grandezza dello scenario di gioco e la complessità del dettaglio grafico, ma se pensiamo ai cali di frame rate di cui parlavamo più sopra sembra piuttosto che IMGN.PRO non sia riuscita ad ottimizzare il codice di Kholat per sfruttare tutte le risorse a disposizione.
Vi siete mai persi in montagna?
Pur non riuscendo appieno nell’intento Kholat mira ad impaurire il giocatore tramite un’esperienza che, sulla falsariga di tutte le esperienza horror di questa generazione di console, gioca con la percezione della realtà e con i sensi, mettendo in ogni momento in discussione la sanità mentale del protagonista. Il gioco inizia alla stazione di un piccolissimo villaggio: non vi è un tutorial e non viene spiegato cosa fare, anche perché per l’intera avventura non potrete far altro che esplorare lo scenario, interagire con i ritagli di giornale sparsi nel mondo di gioco e sfuggire alla misteriosa entità che, sotto forma di spettro o di nebbia arancione, di tanto in tanto vi rincorrerà per uccidervi in un sol colpo.
Ma andiamo con ordine: innanzitutto, scoprirete da soli che le poche abitazioni nei dintorni della stazione non sono in alcun modo esplorabili. Starà a voi trovare un sentiero innevato che, poco dopo, vi condurrà al primo dei rifugi presenti nel gioco: si tratta di piccole tende identificabili nella tormenta grazie al piccolo fuoco da accampamento acceso dinnanzi ad esse, presso le quali potrete salvare i vostri progressi e grazie alle quali sarà possibile, una volta scoperte almeno due tende, muoversi velocemente tra i vari punti della mappa. E parlando della mappa, apriamo la lista dei punti dolenti di Kholat: la mappa è il vostro peggior nemico, ricordate queste parole. Scordatevi la classica mappa da videogame in cui la vostra posizione all’interno del mondo di gioco viene sempre evidenziata, magari insieme ai luoghi di interesse e alla posizione degli obiettivi. In Kholat avrete a disposizione una mappa cartacea come quella che avreste nella realtà se vi trovaste persi tra le montagne: dovrete leggere le coordinate, capire dove vi trovate e dove vi state dirigendo. Lo potrete fare guardandovi attorno e aiutandovi con una bussola, altro oggetto che avremmo felicemente scaraventato giù da un dirupo dopo pochi minuti di gioco, dato che per capirne il funzionamento è necessaria quantomeno una laurea in ingegneria aerospaziale. Cosa resta, quindi? La semplice capacità di guardarsi attorno e, studiando il terreno innevato, trovare nuovi sentieri per esplorare tutta la montagna alla ricerca dei ritagli di giornale e degli indizi che permetteranno di ricostruire gli eventi accaduti al passo Dyatlov.
Il gameplay di Kholat si riduce a questo, trasformando ben presto l’iniziale interesse in noia e, con il passare delle ore, in frustrazione. A chi avrà la tenacia di proseguire andranno certamente un po’ di soddisfazioni: con un paio d’ore di gioco e un po’ di fortuna si possono trovare alcuni rifugi anche camminando alla cieca tra le montagne e, una volta segnata la posizione di questi sulla mappa, sarà finalmente più semplice orientarsi e capire in che direzione andare per dirigersi verso le coordinate scarabocchiate sul bordo di quel (a questo punto un po’ meno) inutile foglio di carta. Resta comunque il fatto che l’unica ambientazione – ad eccezion fatta per qualche grotta e un paio di edifici fatiscenti – resterà la montagna innevata per l’intera esperienza di gioco e che gli spostamenti tra un luogo di interesse e l’altro saranno troppo spesso lunghi e ripetitivi. La noia accumulata difficilmente vi permetterà di saltare sulla sedia al verificarsi di eventi inspiegabili come l’accendersi di un fuoco nel buio della foresta o l’apparire di un gruppo di eteree figure: la nostra reazione, anzi, è il più delle volte stata un liberatorio “Finalmente succede qualcosa!”, il che ci porta a mettere in guardia i giocatori meno pazienti.
Dicevamo prima come Kholat si rifaccia ai recenti survival horror che spaventano in maniera disturbante, mettendo a dura prova i nervi e la mente del giocatore: rispetto ai vari episodi di Slender o al recente Layers of Fear, però, Kholat è gambizzato da un’ambientazione non coerente con lo stile di gameplay adottato: è infatti abbastanza impensabile che un’escursionista si rechi in montagna nel pieno di un tormenta senza un’arma o, perlomeno, una corda e dei chiodi che gli permettano di arrampicarsi: vi basti pensare che in Kholat è impossibile saltare e che anche un semplice sasso alto meno di mezzo metro è impossibile da scavalcare. Quando si tratta di risolvere enigmi all’interno di una villa infestata dagli spettri è un conto, ma in un ambiente vasto e pericoloso come una montagna sulla quale una forza sconosciuta ha presumibilmente commesso un omicidio plurimo ci aspettiamo quantomeno che il nostro avatar virtuale sia messo nella condizione di affrontare l’avventura attrezzato e atleticamente preparato, mentre qui è un po’ come attraversare il deserto su un triciclo orientandosi con una cartina turistica. Un vero peccato, perchè i presupposti per rendere Kholat un’esperienza interessante c’erano tutti: i misteriosi fatti realmente accaduti, l’inospitale e immenso mondo di gioco, le intemperie e gli eventi paranormali che a tratti trasformano lo scenario e il tempo, disorientando – verbo che utilizziamo finalmente con accezione positiva – e spaventando il giocatore sono tutti elementi interessanti e ben studiati, buttati però troppo alla rinfusa all’interno di un mondo al quale mancano ulteriori elementi in grado di tenere alta l’attenzione e la tensione. Rispetto alla versione PC dell’anno scorso, l’unico miglioramento è dato dal respawn in caso di morte, che non costringe più a ripetere intere mezz’ore di gameplay ma salva automaticamente la posizione del giocatore di tanto in tanto e non soltanto nei pressi di un rifugio. La componente survival, infine, è appena accennata: utilizzando lo scatto ci si stanca e bisogna riposare. A parte questo, il giocatore non deve mangiare, dormire, cacciare, procurarsi oggetti o power up: l’introduzione di side-quest come la caccia, l’utilizzo di mezzi di fortuna per curarsi le ferite o, perchè no, la possibilità di nascondersi dall’entità invece che sfuggirle e basta avrebbero certamente migliorato di molto l’esperienza complessiva di Kholat, permettendoci di valutare positivamente quella che invece è un’esperienza videoludica che non sentiamo di raccomandare se non ai veri fanatici del genere e a chi ha molta – ma molta davvero – pazienza per un gioco riflessivo e, lo diciamo con sincero rammarico, troppo vuoto.
[signoff predefined=”Signoff 1″ icon=”quote-circled”]Kholat è un esperimento riuscito a metà: l’immensità – perlomeno apparente – dello scenario e il suo basarsi su paurosi e inspiegabili eventi realmente accaduti erano i presupposti per la realizzazione di un survival horror terrificante, malato e coinvolgente. È stato un peccato constatare che lacune come l’impossibilità di saltare, una bussola inservibile, una mappa di difficile comprensione e la presenza di un unico nemico dal quale è impossibile difendersi se non fuggendo risultino alla fine essere un’accozzaglia di elementi che producono frustrazione piuttosto che paura, noia piuttosto che divertimento. La forza comunicativa dell’Unreal Engine e delle sue glaciali montagne innevate non basta a rendere interessante l’esperienza, che archiviamo sullo scaffale insieme alle nostre aspettative, tra i giochi sui quali si può tranquillamente passare oltre in attesa di survival horror ben più adrenalinici e terrificanti.[/signoff]