Inquisitor’s Heartbeat
Tra i giocatori non sono sicuramente molte le persone a porsi dubbi su se e come i non vedenti possano usufruire dei videogiochi, e anche tra gli sviluppatori non si tratta certamente di un problema popolare – dopotutto, la stessa parola videogioco implica l’uso e la necessità di una fonte visiva. Ma non è così per tutti: tra questa minoranza, lo studio italiano Rising Pixel ha fatto qualcosa di ancora migliore: un prodotto giocabile sia dai ciechi che dai vedenti. Parliamo di Inquisitor’s Heartbeat, che avevamo scoperto durante lo Svilupparty 2014, e, come annunciato dopo il Mantova Gaming Park, siamo finalmente pronti a recensirlo.
Inquisitor’s Heartbeat è un gioco con movimento a turni che mischia le caratteristiche dei roguelike e dei giochi stealth, ed è ambientato nel vivace e sereno contesto di una prigione della Santa Inquisizione, durante il quattordicesimo secolo. Il protagonista, manco a dirlo, è uno degli involontari ospiti della struttura da cui il giocatore deve fuggire evitando guardie e ostacoli. Fino a qui può sembrare tutt’altro che entusiasmante, ma non abbiamo menzionato la più importante caratteristica del gioco: non c’è grafica. Niente effetti, niente texture, niente da vedere. Schermo (quasi) nero. Punto.
Come si gioca un videogioco in cui manca la parte video (ad eccezione di un’animazione che serve a far capire ai vedenti che il gioco sta funzionando)? Probabilmente siete consci del fatto che la vista è solo uno dei cinque sensi a vostra disposizione, e dal momento che annusare o leccare lo schermo non produrrebbe risultati, usare l’udito è sicuramente la soluzione migliore.
Il giocatore si muove su mappe fatte di quadrati, ed ogni passo fa capire su che tipo di terreno si sta camminando, o se si è sbattuto contro un muro – cosa che capita continuamente. Le stesse mappe, inoltre, sono piene di fonti di rumori che aiutano ad orientarsi – o a evitare le guardie. Mano a mano che si prosegue con l’avventura, infatti, la complessità dei livelli cresce, in particolare aumentando la mobilità delle guardie, statiche nei primi livelli ma reattive in quelli avanzati, muovendosi anch’esse a turno seguendo i movimenti del protagonista. Il giocatore è in grado di stimare la distanza da una guardia grazie al sonoro di sottofondo, che assume tonalità sempre più cupe e tese, fino a far percepire il suono del battito cardiaco (da qui il titolo del gioco) quando è estremamente vicina.
Come utente senza problemi di vista, affidarsi solo all’udito e alla memoria per giocare è una sfida non indifferente che rende l’esperienza sicuramente più complessa rispetto alla persona ipovedente, abituata a vivere in queste condizioni. Inoltre, se si è suscettibili, non è improbabile che le prime partite facciano saltare dalla sedia: svoltare l’angolo sbagliato e sbattere contro una guardia perché non si aveva capito la sua posizione non è divertente, e la tensione durante gli “inseguimenti” può diventare una fonte di decontrazione – e causare altri balzi.
[signoff icon=”quote-circled”]Inquisitor’s Heartbeat è un’esperienza particolare mirata allo specifico target dei non-vedenti, fornendo invece agli altri giocatori la possibilità di rendersi conto di come affrontare i problemi derivanti dalla mancanza della vista, risultando al contempo divertente e persino impegnativo. Potenzialmente, questo titolo potrebbe essere la fonte di una nuova catena di “reaction video” su YouTube e sui social network. Il gioco completo, comprendente 35 livelli di modalità storia, più una infinita con mappe generate proceduralmente, è già disponibile su PC, Mac e iOS, e arriverà prossimamente anche su Play Store per i dispositivi Android.[/signoff]