Un Notturno al Chiaro di Luna – Metroidvania

Continua la retrospettiva di Gamesource dedicata alla saga di Castlevania; dopo aver raccontato le origini, la storia prosegue con quei titoli che hanno segnato una virata epocale della serie: è il 1997…

Iga e i Metroidvania.

È il 1997 e per la serie, ormai ultradecennale, è l’anno della svolta. È l’anno in cui nel team  responsabile dello sviluppo del franchise entra a farne parte, come assistant director, Koji Igarashi, detto IGA.
Il 1997 è l’anno in cui esce su Playstation Akumajou Dracula X: Gekka no Yasoukyoku, conosciuto in Occidente come Castlevania: Symphony of the Night, massima espressione artistica della saga e considerato uno tra i più bei giochi in assoluto della storia videoludica.
I meriti di questo titolo vanno ricercati in un gameplay a suo modo innovativo – almeno per la saga- e appassionante, in una realizzazione tecnica impeccabile, nella caratterizzazione (sia grafica che, anche se in maniera molto meno dettagliata, psicologica) di personaggi indimenticabili e ultima ma non meno importante, per una sublime colonna sonora, affidata nuovamente al genio di Michiru Yamane .
SoTN, che si colloca nella Timeline come diretto sequel di Rondo of Blood, si pone come pietra miliare nella saga anche in termini di innovazioni, perché, come avvenne per la parentesi avvenuta con Simon’s Quest – si distacca definitivamente dalla struttura lineare di gioco a livelli per abbracciare le caratteristiche da platform 2d a finale aperto con l’aggiunta di elementi tipicamente ruolistici : la presenza di queste  features, che caratterizzeranno anche molti capitoli successivi, sono dovute proprio ad Igarashi, da sempre fan dichiarato delle avventure 2d. La non linearità e la possibilità di potenziare il personaggio attraverso l’acquisizione di nuovi poteri, spesso disponibili solo dopo aver visitato più volte la stessa area ha fatto si che venisse coniato, presso gli addetti stampa del settore videoludico, il termine Metroidvania o Castleroid per titoli come SOTN e i suoi “successori” , data la possibilità di paragoni nel gameplay con il celebre Super Metroid di casa Nintendo.
Insomma, un vero punto di rottura , a partire dal protagonista, non più discendente del casato Belmont, non più armato di Vampire Killer.
Ormai entrati nel mito sono i personaggi della storia, che ha inizio nel 1797, cinque anni dopo la sconfitta del Conte per mano di Richter (ed è effettivamente con l’epilogo di Rondo of Blood che comincia il gioco). Richter, scomparso misteriosamente, è stato soggiogato dal potere del sacerdote Shaft e si autoproclama Signore del Castello, che  si rivelerà essere un’entità generata dal Caos. Si risveglia così dal suo sonno ultracentenario Alucard, il quale, comprendendo che Castlevania ha di nuovo manifestato sé stesso, varca la sua soglia per sfidare nuovamente le forze del Male, e soprattutto il suo stesso Padre. Appena giunto nel tetro maniero, la fedele compagna di Dracula, la Morte in persona, gli sottrae poteri e armi. Comincia così il suo cammino nei meandri del castello, dove incontrerà validi alleati nelle persone di Maria Renard, la bambina  dotata di poteri magici che Richter salvò cinque anni prima – nonché cognata di quest’ultimo- ora diventata una splendida fanciulla, del mastro Libraio (in principio un po’ refrattario a tradire il suo Signore per aiutarne il figlio ribelle ) e  persino nel macabro traghettatore del fiume sotterraneo. A opporsi al benevolo figlio del Signore delle Tenebre, una folta schiera di non morti e creature provenienti direttamente dalle profondità dell’inferno, fino allo scontro con l’oscuro genitore. Memorabile il dialogo finale tra i due, intriso di nostalgico amore filiale e inevitabile rancore, così come le celebri frasi che si scambiano lo stesso Dracula e l’eroico Belmont nel prologo della vicenda.
Accompagnano le gesta del “dhampyr” nel demoniaco castello, le tracce composte dalla Yamane, inusuali ma soprendenti commistioni di generi quali Jazz, Metal (in particolare Symphonic e Power Metal) Classica e persino Techno. Il risultato finale è una colonna sonora solenne, decadente e affascinante come lo stesso Castello di Dracula, impreziosita , oltre che dalle opere elaborate dalla Yamane, (tra le quali spiccano -solo per citarne alcune- Dracula’s Castle , Requiem for the Gods , Crystal Teardrops e Prayer), dalla splendida I am the Wind, composta da Rika Muranaka e magistralmente interpretata da Cynthia Harrell.
Con Castlevania SotN ha inoltre inizio il sodalizio artistico tra il team Konami e la talentuosa illustratrice Ayami Kojima, che debuttò nel settore videoludico proprio occupandosi della creazione del character design di questo gioco, contribuendo non poco a conferirgli quel fascino elegante che lo contraddistingue. Igarashi espresse infatti il desiderio di dare una visione alternativa alle tematiche gotiche, finora percepite con un’aura di negatività, creando un punto di vista in cui sangue e oscurità fossero strettamente legati alla bellezza. I lavori della Kojima , da sempre caratterizzati da uno stile delicato e onirico, in cui si distinguono  corpi maschili dalla bellezza efebica e perfetta, si adattarono in maniera impeccabile a questa esigenza: il risultato, frutto della fusione tra la sensibilità tipica dell’arte orientale e i sofisticati canoni del Manierismo e del Barocco europei,  fu di indubbia classe, e arricchì il già prezioso intarsio con un fregio di gran valore.

 
Le sontuose illustrazioni di Ayami Kojima che hanno reso immortali i protagonisti della storia nell’immaginario dei fan

I figli illegittimi della Dinastia del Sangue

Après nous le déluge.

Dopo il meritato successo del suo gioiello più prezioso (sebbene non scevro dall’ insensata critica, proveniente dalla stampa specializzata inglese, di essere un prodotto troppo anacronistico- data la sua natura di action/platform 2d- per una console a 32 bit come la PSX) la saga conobbe un inevitabile periodo di “parabola discendente”: nonostante non si tratti di giochi pessimi, i titoli successivi al capolavoro che fu SoTN ( che, ricordiamolo, contò anche una versione per Saturn) riscossero critiche e valutazioni contrastanti, spesso non molto lusinghiere. Dopo la sua terza apparizione su Game Boy con Castlevania Legends ( Akumajou Dracula Shikkoku Taru Zensoukyoku, 1997-1998 ), primo gioco del blasonato franchise ad avere come protagonista un’esponente femminile del clan Belmont, Sonia, e ultimo capitolo ad adottare il gameplay tipico dei primissimi Castlevania usciti, il castello di Dracula approda al 3D.

E’ il 1999 quando viene pubblicato Akumajou Dracula Mokushiroku, conosciuto in Occidente semplicemente come Castlevania , o meglio  ancora, Castlevania 64 , visto che fu sviluppato e pubblicato per la console a 64 bit di casa Nintendo. Sfruttando le potenzialità del nuovo hardware, il gioco sviluppato da KCEK (Konami Computer Entertainment di Kobe) si fregiava così, per la prima volta nella storia della saga, di una grafica interamente tridimensionale sia per i personaggi  che per le ambientazioni e del ciclo del giorno e della notte. Sebbene nei progetti iniziali fossero previsti quattro personaggi, ognuno con la sua storia, il risultato finale vide solo due eroi: l’erede dei Belmont, Reinhardt, che inspiegabilmente fa  Schneider di cognome, e la piccola maga Carrie Fernandez, incaricati di salvare dei bambini rapiti . La trama, che si dipana nel 1852, è ricca di personaggi interessanti e colpi di scena, e prevede diverse alternative in base ad alcune scelte intraprese. Oltre alla consueta locazione del castello demoniaco,  la vicenda si svolge in una fatiscente villa, i cui “abitanti” sono, chi per un motivo chi per un altro, legati al destino dei protagonisti; alcuni di loro sono, per caratterizzazione, rimarchevoli: come Rosa, diventata vampira suo malgrado, il vecchio Charles Vincent, la strega Actrise, e il piccolo Malus, che nonostante l’apparenza innocente, altri non è che la reincarnazione del Signore del Castello, Dracula.
Il gameplay, nonostante il passaggio alle tre dimensioni, non fu intaccato in maniera radicale: parti action ad altre più spiccatamente platform, con un diverso stile di combattimento a seconda del personaggio giocante: frusta e daga per Reinhardt , poteri magici per Carrie; Sebbene non si sfiorasse neppure la bellezza e la perfezione delle meccaniche di gioco 2d di SotN, l’unica, ma decisiva pecca da imputare a questo nuovo stile fu una telecamera a tratti imprecisa e fastidiosa, difetto non indifferente in un titolo del genere. Alla sua uscita tuttavia , Castlevania 64  fu promosso con voti  soddisfacenti dalla stampa specializzata: malgrado una colonna sonora (affidata, per dovere di cronaca, a Masahiro Kimura, Motoaki Furukawa, e Mariko Egawa) buona ma neppure minimamente paragonabile agli standard tipici a cui aveva fin allora abituato Castlevania , e una grafica  appena discreta  e comunque non dettagliatissima, lo sforzo compiuto da KCEK di aver portato in 3d la serie fu comunque apprezzato.

 
La cover europea del primissimo capitolo 3D della saga, Castlevania 64

Nello stesso anno, e sempre per Nintendo 64, esce Castlevania Legacy of Darkness (il cui titolo originale è Akumajou Dracula Mokushiroku Gaiden: Legend of Cornell ) spesso considerato una Special Edition  del predecessore, poiché è una sorta di completamento del primo Castlevania 3d, comprendendo tutte le caratteristiche appartenenti al  primo progetto  del gioco: La vicenda ha luogo otto anni prima le vicissitudini di Carrie e Reinhardt, che comunque ricoprono il ruolo di personaggi giocanti; Nel 1844, Cornell, un uomo lupo la cui sorella,  Ada, è stata rapita per un sacrificio in onore di Dracula, giunge alla villa degli Oldrey, dove scopre che il capofamiglia è stato vampirizzato da Gilles de Rais e Actrise, servitori del Conte. La padrona della villa, Mary Oldrey, lo prega così di salvare dalla minaccia del Vampiro il loro unico figlio Henry, il quale, una volta adulto, tornerà a Castlevania per salvare i bambini rapiti dagli emissari del crudele non-morto per trovare un corpo adatto ad ospitare la sua anima maledetta.  Sfortunatamente Cornell, osteggiato dal suo antico rivale Ortega,  pur di salvare la vita della sorella sacrificherà i suoi poteri di lupo mannaro, gesto che comporterà  la riconquista da parte di  Dracula  dei suoi pieni poteri. Da qui ripartono le avventure della piccola Fernandez  e di Reinhardt, così come accadeva in Akumajou Dracula Mokushiroku, tutto a favore di una trama veramente ricca e varia. Poche le effettive novità rispetto al primo Castlevania  per Nintendo 64, ancora presenti tutti i difetti, dalla gestione delle telecamere alla soundtrack  anonima , eppure Legacy of  Darkness, per la effettiva esperienza di “storia” è da considerare un titolo imprescindibile della serie, sebbene per volere di Igarashi sia stato eliminato (insieme a Castlevania Legends, Castlevania 64 e il successivo Circle of the Moon ) dalla timeline canonica, poiché concernenti vicende che non coinvolgono le famiglie Belmont o Morris .

La prima "Trilogia portatile”

Dopo la cancellazione di Castlevania Resurrection (99-2000), – primo titolo della serie affidato alla divisione americana di Konami – progettato per lo sfortunatissimo e mai troppo elogiato Sega Dreamcast, il blasonato franchise torna su console portatile ( per la precisione sul Game Boy Advance) e nel formato che più lo valorizza: action/adventure 2D. Circle of The Moon (2001) infatti riporta lo stile “metroidvania” dell’esplorazione non lineare del castello e dei power-up da sbloccare per proseguire, nonché gli elementi ruolistici (punti esperienza, equipaggiamenti) amalgamandolo con delle interessanti caratteristiche nuove di zecca: è il caso del Dual Set-up System, o DDS, un sistema che, tramite la scelta di alcune carte magiche, conferisce al personaggio  abilità diverse in base alle combinazioni.
Protagonista della vicenda, ambientata ancora una volta nel XIX° secolo, è Nathan Graves, apprendista cacciatore di vampiri, giunto nel castello di Dracula insieme al suo maestro  Morris Baldwin e al suo amico,nonché figlio di Morris, Hugh. Il demone femminile Carmilla rapisce il vecchio mentore per sacrificarlo al suo Signore, ma i due ragazzi, invece di unire le forze, si contendono la Hunter’s Whip,bramata e  reclamata di diritto dall’avido Hugh, in realtà degna di essere brandita solo dal cacciatore di Vampiri più coraggioso, che si rivelerà il giovane Nathan.
Ottimo fu il responso di critica e pubblico per CoTM, grazie al profondo gameplay, una buona longevità e un’ottima colonna sonora, affidata all’estro di Sotaro Tojima: il titolo prodotto da KCEK, nonostante  sia considerato tra gli “apocrifi” ed eliminato dalla cronologia, può essere considerato quasi come il capostipite della fortunata “trilogia” di Castlevania su Gameboy Advance, che per qualità e divertimento rinverdirono gli antichi fasti dell’indimenticato Simphony of The Night.

Un titolo che ricorda il tema musicale, un eroe dalla bellezza quasi femminea, raffinato e potente al tempo stesso, un amico/rivale con cui confrontarsi in duello,  un castello tetro ma affascinante, con i suoi lunghi corridoi di marmo, le segrete più anguste, splendide vetrate gotiche e  sulla torre più alta, l’antro del Vampiro per eccellenza: non si parla di SoTN,  ma del  secondo Castlevania  per GBA, dal titolo occidentale che è quasi un ossimoro: Harmony of Dissonance ( Castlevania Byakuya no Concerto, 2002). Il Belmont di turno è Juste, che nel 1748, come il suo bisnonno Simon ( il quale sconfisse il Principe delle Tenebre cinquanta anni prima), armato della leggendaria Vampire Killer,  si reca nel demoniaco Castello in compagnia dell’amico Maxime Kischine per salvare da morte sicura l’amica d’infanzia Lydie e  per trovare e distruggere per sempre le reliquie dell’Oscuro Conte. Plot ormai classico nella serie, ma che tuttavia non stona nell’insieme, anzi ricorda in più punti i consueti canoni della letteratura gotica e orrorifica del tardo Settecento e dell’Ottocento.
Tra le altre caratteristiche, non si può non parlare del gameplay che, abbandonato il sistema delle carte magiche del precedente CoTM, si basa sull’attribuzione dei poteri elementali di alcuni libri magici alle subweapon “storiche”. Non mancano inventari ricchi di elementi, equipaggiamenti sempre più forti e adeguati alle diverse situazioni, potenziamenti e nuove abilità, come il dash forward, tramite il quale Juste può accelerare il suo passo e che sarà necessario in determinati frangenti. Tanti sono i riferimenti alla saga storica, citazioni se non veri e propri omaggi velatamente nascosti. Immenso e ricco di dettagli il maniero, effettivamente costituito da due castelli, quello reale e quello “spirituale”: uniti da alcune warp room disseminate nelle varie zone, essi sono essenzialmente simili nell’aspetto, ma presentano oggetti e creature nemiche diverse, queste ultime più pericolose nel parallelo mondo spirituale.
La grafica è accurata e dai colori vividi (sebbene sia stata criticata la presenza di troppi rossi e grigi, e la scarsa nitidezza degli sprites del protagonista), e presenta dei complessi effetti parallattici di luce, nebbia, trasparenze e quant’altro, oltre che animazioni decisamente più fluide rispetto ai predecessori.
Il comparto audio invece fu oggetto di pareri discordanti: dato che sfruttava i canali PSG del GBA  (a differenza del CoTM, che utilizzava i PCM) fu considerato ai livelli qualitativi del NES; inoltre  l’intera soundtrack, composta da Sojiro Hokkai, presentava dei brani spesso giudicati troppo angoscianti e “dissonanti” (in perfetta linea col titolo), anche se alcuni BGM, come il tema di Juste, ovvero Successor of Fate, oppure Chapel of Dissonance e To the Center of the Demoniac Castle sono meritatamente considerati tra le migliori composizioni dell’intera saga. Un persistente ma smentito “rumour” vuole che sia stato Mana, chitarrista dei MALICE MIZER e dei Moi dix Mois, a creare la colonna sonora; in realtà non compose nessun brano presente nel gioco, ma fu la sua canzone La Nuit Blanche a far nascere questa leggenda: il sottotitolo giapponese del videogame infatti, Byakuya no Concerto, significa Concerto della Notte Bianca. Ultimo ma non ultimo pregio di HoD, il character design che torna ad essere affidato alla Kojima, che raggiunge il suo culmine nella caratterizzazione di Juste, elegante esempio di “bishonen”(letteralmente in giapponese “bel ragazzo”), apprezzato ed amato dal fandom della serie quasi agli stessi livelli di Alucard o Simon.

 
L’androgina bellezza del protagonista di Harmony of Dissonance, Juste.

Il terzo ed ultimo Castlevania per GBA,esce nel maggio 2003, neppure dodici mesi dopo HoD.
E’ Aria of Sorrow ( Castlevania – Akatsuki no Minuet ), ed è il primo titolo del franchise ad essere ambientato nel futuro, più precisamente nel 2035. Dracula è stato sconfitto dall’ultimo esponente dei Belmont nel 1999  e il Castello del Chaos è stato sigillato durante un’eclisse solare. Una triste profezia però previde che la reincarnazione del Conte tornerà e  ne erediterà i poteri  diventando il nuovo Signore di Castlevania. Soma Cruz, studente straniero in Giappone, si trova nel tempio degli Hakuba insieme alla sua amica Mina quando il sole si oscura improvvisamente e i due vengono inspiegabilmente trasportati alle soglie di un castello. Qui vengono attaccati da mostruosi scheletri volanti ma riescono a salvarsi grazie all’intervento di un misterioso giovane uomo di nome Arikado, che svela a Soma di essere in possesso del potere della dominanza delle anime. Soma infatti può “mietere” le anime delle creature infernali che uccide e usarle a suo piacimento. Così facendo si addentra nel castello, dove incontra l’ambiguo Graham Jones, un missionario che dietro un’apparenza amichevole nasconde malvagie intenzioni, il rude Hammer , un’emissario della Chiesa  Cattolica Romana sotto le avvenenti spoglie della bionda Yoko Belnades, e un avventuriero armato di frusta di nome J, fino alla sorprendente scoperta, nell’epilogo della storia, di essere lui stesso la reincarnazione del Signore dei Vampiri. Trama e ambientazione futuristica rompono con la tradizione per il volere dello stesso Igarashi, ma rimangono in realtà fedeli allo stile tipico dei Castlevania  post SoTN: lo stesso  character design di Soma, opera della Kojima, ancora una volta abile nel deliziarci con le sue figure raffinate, è il frutto di questa commistione tra uno stile moderno e le arte pittoriche del passato. Aria of Sorrow fu considerato senza esagerazioni uno tra i piu bei titoli della serie e sicuramente il migliore apparso fino a quel momento su console portatile, e nonostante in patria inizialmente fu quasi snobbato, negli Stati Uniti registrò un alto numero di vendite, con 158.000 copie vendute in soli tre mesi.
Con questi tre titoli, e in particolare con Aria of  Sorrow, la serie sembrava aver ritrovato la sua strada, riscuotendo consensi sia dai fan di vecchia data sia attirando l’attenzione dei più giovani, con prodotti immediati nella giocabilità ma profondi e di qualità notevole. Ci si aspettava dunque che questo trend continuasse, ma così non fu, perché il tanto atteso titolo successivo, che decretò il debutto del franchise sulla Playstation2, registrò un inaspettato ritorno per il team capeggiato da Iga alle tanto discusse tre dimensioni.

 

Ti è piaciuto quello che hai letto? Vuoi mettere le mani su giochi in anteprima, partecipare a eventi esclusivi e scrivere su quello che ti appassiona? Unisciti al nostro staff! Clicca qui per venire a far parte della nostra squadra!

Potrebbe interessarti anche