Cursed Mountain – Recensione Cursed Mountain

L’horror europeo

Mancato l’arrivo, momentamente forse, del titolo più atteso per Nintento Wii, Project Zero 4. All’Europa, la casa nipponica è riusciuta comunque a regalare un prodotto piacevole e interessante sviluppato dalla anglosassone Deep Silver con interesse e passione. Parliamo di Cursed Mountain, action horror che ripercorre molto visibilmente i fasti di un Resident Evil vecchio stampo, sia nella gestione del nostro alter ego, sia nella tensione trasmessa dai luoghi. Analizziamo quindi il prodotto di produzione inglese che cerca di dare una nuova valida alternativa alla console Wii.

La montagna maledetta

Siamo alla fine degli anni ’80 e Edward Bennet è appena partito per le vette alte dell’Himalaya, iniziando dal misterioso villaggio di Chomolonzo, per la scalata più difficile della storia. Lungi dall’intenzione di rafforzare il suo spirito, come si potrebbe inutire pregiudiziosamente da uno scalatore della vetta cara ai buddhisti, Bennet non è intenzionato a ricercare una pace interiore o una soddisfazione personale, bensì è alla ricerca di un tesoro, il Terma, una sorta di pietra filosofale asiatica.
Bennet purtroppo dovrà interrompere la scalata anzitempo causa un malore fisico che lo costringerà alla sosta ai piedi del monte: per portare comunque a termine la sua missione si trova costretto ad assoldare un suo vice, ed ecco quindi che facciamo la conoscenza del giovane Frank Simmons. Esso, spinto soprattutto dalla voglia di eguagliare il fratello, esploratore affermato e girovago delle più strane mete mondiali, non si fa pregare e avvia rapidamente la spedizione alla ricerca del Terma. Purtroppo appena avviata l’esplorazione non si avranno più notizie di lui: da qui partiranno congetture varie e di ogni genere, dalla possibile morte o al rapimento da parte di qualche setta buddhista che non ha visto di buon occhio il suo scopo. Qualsiasi sia la verità il fratello di Frank, Erik, è intenzionato a scoprire la verità: partendo anch’egli da Chomolonzo inizierà la sua ricerca iniziando dal mandante della missione, Bennet, con la sola intenzione di recuperare il parente, incurante dei pericoli che lo attendono sulla montagna maledetta, che di sicuro potrebbe condurre le sue scelte a preferire la morte, ma nulla a che vedere con quanto avrebbe potuto portare preoccupazione alla ottocentesca Emma del Flaubert.
 



Bennet aveva impostato qui la sua partenza

Il fantasma dietro lo schermo

Cursed Mountain, così come abbiamo detto in apertura di disamina, prova a dare il contentino a tutti quegli appassionati del survival horror che si sono visti privati di bran ben più attesi e patiti: il risultato è un meccanico surrogato di un Resident Evil vecchio stampo, con delle meccaniche di gioco molto lente e prive di una buona oliata anti ruggine. La nostra protesi digitale, Erik, avrà dei movimenti molto poco reali e umani, ma sembrerà davvero di avere a che fare con qualcosa di poco sviluppato: i cambi di direzione sono molto rapidi e poco precisi e spesso questo ci creerà problemi non solo nell’esplorazione, tra l’altro di ambienti sempre uguali e per niente ispirati, ma anche nei combattimenti e nella ricerca di oggetti. 
Erik avrà, poi, per tutto il gioco a sua disposizione una sola arma, ritrovata nelle prime battute: una picozza abbandonata nella prima casa nella quale il protagonista riuscirà ad entrare. Sebbene questo possa sembrarvi una limitazione c’è subito da chiarire che con il proseguire del gioco, il vostro utensile/arma potrà essere potenziato e migliorato così da essere resa una interessante contropartita alle armi da fuoco che un videogiocatore può aspettarsi per combattere una maledizione in atto sottoveste di fantasmi. 
 



Ci ritroveremo questo fantasma apparire ogni tanto dal nulla

Quello che più ci interessa parlando di un gioco della più innovativa console sul mercato del momento è capire quanto davvero il prodotto si presenti come innovativo nella giocabilità e nelle meccaniche: bocciato nella seconda voce già in precedenza, passiamo a parlare della giocabilità, che presenta delle interessanti aggiunte ad un altrimenti nudo sistema. Superate le prime battute di gioco, e resosi conto che Chomolonzo è tutt’altro che una città morta, ma resuscitata e spiritata, Erik, grazie all’aiuto di un ultimo, sopravvissuto alla paura, monaco del Siddharta, apprenderà come usare il suo terzo occhio, o più banalmente come muovere il WiiMote e come valorizzare il fatto che si tenga impegnata la mano sinistra durante l’esperienza di gioco. Premendo il tasto C del Nunchuk ci verrà data la possibilità di prendere la mira verso alcuni oggetti, per l’occasione illuminati con luce rossa, oppure di visualizzare maledizioni o sigilli messi da qualche ispirato fantasma o monaco. La nostra prima prova sarà mossa dalla possibile necessità di curarci, fattibile solo se in possesso di rametti di incenso da bruciare all’interno degli altari predisposti. Per quanto riguarda invece i combattimenti, nelle prime battute saremo costretti a scuoterci i fantasmi di dosso, con un movimento alquanto frenetico del WiiMote, ma quando la nostra picozza, e soprattutto il terzo occhio, saranno pronti, avremo la possibilità di avviare ora l’uccisione del non morto tramite la purificazione dello spirito, sempre tramite accattivanti combinazioni di movimento del WiiMote. Insomma le potenzialità del Wii vengono abbastanza sfruttate, magari si poteva fare di più in alcuni frangenti, ma sicuramente non possiamo dire di aver reso futile l’utilizzo del capostipite dei controller Nintendo.
 



C’è qualcuno alle tue spalle, Erik

In ultima analisi facciamo una critica alla linearità con la quale si sviluppa la nostra esperienza ludica: raramente troverete più di una porta apribile sul vostro percorso e l’unica che vi dà accesso è quella esatta per proseguire. Gli enigmi che troveremo sul nostro percorso non sono esaltanti tantomeno interessanti o complicati e, per finire, l’esplorazione è ridotta alla strada maestra della zona. Privati di una mappa, e di una possibilità di muoversi più rapidamente di una camminata in stile Gemelli Carlson in posa per Vogue Man, cosa alquanto snervante, saremo costretti a vagare, spesso per zone già visitate, per alcune azioni a vuoto: sicuramente tutto ciò sarà servito per aumentare il tempo trascorso in cima alla Himalaya che altrimenti non avrebbe superato le scarne 8 ore di gioco.

Il mestiere dell’ectoplasma

Graficamente Cursed Mountain prova a spremere il Wii dando grande spolvero a tutti i personaggi, nonchè grande personalizzazione ai fantasmi. Peccato per i già citati ambienti ripetitivi e per niente suggestivi, altrimenti ci saremo trovati dinanzi ad un buon lavoro tecnico, che si esalta anche nelle sfumature di luce e ombre quando Erik si trova ad usare il suo terzo occhio. Gli ectoplasmi che ci troveremo contro saranno abbelliti, per modo di dire, con diversi estratti di battaglia vissuta per renderli sempre più accattivanti e paurosi. Davvero ben fatto poi il gioco di luce sia nelle prime battute, in città, che una volta raggiunti l’Himalaya, ben gestita anch’essa sotto il profilo innevato. 
Sonoramente poi si fa presente l’assenza del comparto musicale, tirato all’osso proprio per favorire un buon sistema di effetti sonori, caratterizzati non solo dalle urla dei nostri spaventatori, ma anche dalle azioni della nostra piccozza. Il doppiaggio, completamente in inglese, rende bene e, tramite la fuoriuscita audio del WiiMote, viene anche simulato l’effetto della radio a distanza. 
Piccola parentesi per l’effetto horror, che sicuramente interesserà i cultori del genere: gli ambienti riescono a mettere ansia grazie al loro essere spogli e privi di rumori, e, nelle prime battute, alcuni flashback del protagonista porteranno ad alcuni sbalzi di cuore per i più deboli, per l’apparizione improvvisa di facce di fantasmi su schermo completamente oscurato. Non sarà il cult o il must have, per gli anglofoni che amano adottare termini banali nel campo videoludico, dei survival horror, ma sicuramente si merita un buon voto per la tensione che regala. 

Partiamo per la scalata

Forse i diversi commenti non troppo felici vi faranno pensare che la nostra intenzione è quella di bocciare il prodotto della Deep Silver, ma in realtà così non è: sancire i punti dolenti e i talloni del Pelide Achille è d’obbligo per una produzione che prova ad esaltarsi e rilanciare un genere dimenticato dal Nintendo Wii. Se si fosse migliorata un po’ la gestione del movimento, evitando di ripercorrere orme poco felici dei passati Resident Evil su una PlayStation ancora non numerata, e se magari si avesse avuta un po’ più di inventiva nella creazione degli scenari, sicuramente staremmo parlando ammaliati e soddisfatti di una produzione molto ispirata. Cursed Mountain riesce ad eccellere dall’aspetto narrativo, più che nella giocabilità, e sebbene questo non sia un motivo per declassare l’operato anglosassone denota comunque una scelta che potrebbe far storcere il naso a molti videogiocatori.
Il titolo rimane consigliato a tutti quelli che desiderano cambiare un po’ marcia alla propria console Nintendo, ma attenzione a quella scarsa longevità, che davvero renderà quest’avventura un amaro in bocca per chi si stava divertendo a saltare dalla sedia dopo aver voltato ogni angolo della vetta che vi avrebbe portato a toccare il cielo con un dito. 

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