Samurai Warriors: State of War – Recensione Samurai Warriors: State of War
Un passo avanti
Koei ritenta la fortuna mettendo in campo la sua seconda saga più amata, parallela e quasi avversaria a Dynasty Warriors (DW). Dopo la Cina, anche il Giappone si rimpicciolisce, portando i protagonisti della sua epoca Sengoku nella piccola di casa Sony, pronti a fare ancora meglio dei “cugini” di DW. E’ necessario effettuare un salto di qualità, e i ragazzi di Omega Force dovranno mostrarci quanto sono capaci di rimediare ai loro errori, provando ad ottenere un prodotto almeno tecnicamente superiore a Dynasty Warriors. Samurai Warriors (SW) può finalmente contare su una trama davvero avvincente, tra l’altro ispirata agli eventi reali del Medioevo Giapponese (l’epoca Sengoku, appunto), e su personaggi storicamente esistiti attorno ai quali continua a vivere tutt’oggi un alone di mistero unito a miti fantasy che li ha resi leggende del passato. Il temibile ninja di Iga, Hattori Hanzo, lo shogun Ieyasu, il nobile generale traditore Mitsuhide Akechi e il demoniaco e spietato Nobunaga Oda, sono solo alcuni dei grandi combattenti che in Samurai Warriors vivono le loro storie reali e anche quelle che sarebbero potute essere se le cose fossero andate diversamente. Cosa sarebbe accaduto se Nobunaga non si fosse trovato ad Honnoji quando Mitsuhide decise di ucciderlo dando fuoco al tempio? E da parte sua, Akechi, come avrebbe reagito al fallimento del suo piano? La fantasia di Omega Force è volata alto e ha dato vita così a numerose campagne collegate fra di loro dalle determinanti scelte dei protagonisti di quell’epoca, intrecciando interessi, alleanze e antichi rancori, obiettivi comuni e ideologie opposte, tradimenti improvvisi e fiducie incorruttibili. Il Giappone è in mano a questi grandi combattenti, ed è ognuno di loro a scriverne la leggendaria e mitica storia.
L’epoca Sengoku come non si è mai vista
Il valore storico-istruttivo di SW non è assolutamente da ignorare: per quanto sia un gioco con elementi immaginari e storie sviluppate dalla pura fantasia, contiene anche fatti realmente accaduti e personaggi veramente esistiti. Solitamente le prime “campagne” di ogni personaggio ripercorrono fedelmente la sua reale vicenda, mentre solo in quelle successive si può assistere a dei risvolti totalmente inventati. In ogni caso, anche quando si passa agli avvenimenti immaginari, i personaggi conservano il loro carattere, le loro ideologie, il loro modo di pensare e agire, i loro obiettivi, il loro carisma. Le storie successive sembrano quasi essere state suggerite, in quanto sono delle evoluzioni molto probabili dei fatti. Infatti presentano delle osservazioni, dei ragionamenti e delle scelte che non difficilmente si possono attribuire ai singoli personaggi. Indubbiamente, poi, ogni trama prosegue seguendo degli scopi ben precisi, con coerenza di pensiero da parte dei protagonisti, senza tuttavia mancare di imprevisti o colpi di scena capaci di ribaltare completamente la situazione. Le campagne possibili sono tante, alcune selezionabili solo rispettando determinate condizioni, obbligatorie per raggiungere in seguito un degno e concreto finale. Non sono pochi nemmeno gli intrecci con le storie degli altri personaggi, alcuni così incredibili da poterli comprendere solo vivendoli successivamente nei panni “dell’altra parte”, altri invece previsti e attesi con ansia.
Ciò che più affascina di Samurai Warriors sono gli obiettivi e il carisma di ciascun personaggio: non si tratta solo di una semplice lotta per il controllo del Giappone, né di ambizioni da grandi generali o di futile superbia personale, ma di motivi ben più ampi, di ideologie forti, di progetti concreti e di imprese leggendarie. Quello che la storia ha lasciato e che riesce a trasparire anche da Samurai Warriors non sono solo lunghe guerre per la supremazia sul Paese, ma scontri fra eroi. Dietro ad uno dei più spietati e grandi combattenti dell’epoca Sengoku si nasconde il realistico progetto di un Giappone unito e “tenuto in pace” con gli unici mezzi che lo rendevano possibile; dietro all’orgoglio ferito di un abilissimo generale stanno il desiderio di pace e la voglia di fermare le continue stragi del proprio leader; e così via, per tutti i personaggi, ognuno capace di esprimere il proprio carisma e di influenzare le vicende anche quando non ce lo si aspetta. Persino nelle inezie, come nel rapporto fra Oda e sua moglie, si possono notare grandi personalità e situazioni incredibili, in maniera positiva e negativa allo stesso tempo.
Insomma, Samurai Warriors: State of War e riuscito con grande merito a mostrare l’epoca Sengoku come nemmeno ci si aspettava di vederla.
Tornando al gioco…
Lasciando la parte “epica e mitica” di SW e osservando con più attenzione gli aspetti tecnici del gioco, si nota che questo atteso passo avanti c’è stato, ed è stato adeguato. Le migliorie sono visibili e la struttura è nettamente superiore a quella di Dynasty Warriors, anche se resistono alcuni difetti in comune. Il sistema di combattimento è avanzato, con un maggior numero di combinazioni d’attacco e stili più vari. L’inserimento delle abilità secondarie adesso obbliga, per farle crescere di livello, ad eliminare quanti più nemici possibili utilizzando il Musou, ed inoltre permette combo più lunghe e varie. Finalmente il combattimento “potrebbe” non limitarsi più alla semplice pressione del tasto di attacco, ma nella maggior parte dei casi utilizzare le varie combo si rivela solo una perdita di tempo, mentre gli attacchi combinati più forti sono sempre più difficili da ottenere e da effettuare. Tuttavia è innegabile che, per quanto spesso inutile, la possibilità di variare e sviluppare uno stile qui è almeno concessa, a differenza del monotono capitolo di DW.
L’obiettivo non rimane più solamente “eliminare le truppe avversarie” o “conquistare l’accampamento base nemico”, ma spesso costringe il giocatore a nuove sfide, ad ingegnarsi e magari a concludere il più in fretta possibile lo scontro, cercando allo stesso tempo di ottenere nuove abilità attraverso la sconfitta degli ufficiali nemici. L’esperienza è sicuramente più varia, ampia e quasi mai ripetitiva, mentre la specificità degli obiettivi dona un’aria nettamente più personale e meno distaccata: tra le condizioni non avremo più sempre il solito obiettivo preimpostato e uguale per tutti gli episodi, ma saremo costretti a vedercela con il pezzo grosso di turno, il quale spesso ci offrirà sfide decisamente avvincenti. Lo spostamento inoltre è stato finalmente ottimizzato, velocizzando gli spostamenti tra i “riquadri” che in DW si rivelavano terribilmente lenti. Adesso dipenderà tutto dall’abilità dimostrata in battaglia: a seconda del rapporto “numero di nemici eliminato/tempo impiegato” otterremo una valutazione da C ad A, la quale condizionerà l’ampiezza massima del nostro spostamento (miglior risultato, più possibilità di avanzare) e ci porterà dunque a migliorare sempre più le nostre abilità per poter raggiungere rapidamente i nostri obiettivi.
La scelta degli ufficiali ricalca in linea di massima quanto di già visto in DW, con gli “Officers” che con le loro abilità possono anche alterare i parametri del generale, ma sono le armi che costituiscono la vera novità. Adesso è possibile ottenerne di nuove, scartare quelle più deboli ed equipaggiare quelle più gradite e potenti, con notevoli ripercussioni anche sulla potenza d’attacco del proprio personaggio. Il musou cambia leggermente in quanto consiste in un unico attacco (se usato semplicemente) ma può rivelarsi molto più longevo e letale se i danni inflitti sono notevoli e vengono sfruttate particolari combo. Altra novità assoluta sono le pergamene magiche, da usare al di fuori della battaglia vera e propria e in alcuni casi davvero utili: magie d’attacco o curative, incantesimi paralizzanti, demoralizzanti e tanti altri status negativi da poter infliggere al nemico per avere la meglio sempre più facilmente.
Tutto il resto si svolge poi in maniera identica agli altri titoli di Koei e Omega Force: crescita stabilita dagli “exp”, ottenuti in base al numero di nemici eliminati, con dei bonus a seconda delle soglie raggiunte (50 nemici, 100 nemici, 200, 500 e così via); forze nemiche raccolte in fortezze, accampamenti e campo base da conquistare progressivamente per avere più potenza, più tempo e più morale; punti strategici da difendere, cancelli da sbloccare e passaggi da scovare per riuscire ad avere la meglio su tutti gli avversari.
Onta e Onore
Samurai Warriors non è stato proprio una rivoluzione, ma può contare su una giocabilità più varia e completa, una trama davvero coinvolgente e piacevole, basata su fatti reali o magistralmente inventati; su dei personaggi carismatici e storicamente esistiti e su intrecci e scelte che (ri)danno vita a momenti epici della storia del Giappone, che sempre hanno affascinato e stimolato l’interesse di chiunque ne fosse venuto a conoscenza. Storie di eroi divenuti leggende, scontri d’onore e di idee, momenti che rimarranno vivi nei secoli, per sempre.