Empire of the Ants Recensione
Empire of the Ants è una grande scommessa, il tentativo di esplorare un genere di nicchia come quello degli RTS e di scegliere per farlo una premessa e un contesto inediti: quelli del micromondo di un formicaio. Il titolo di Tower Five, tuttavia, non è esattamente uno strategico tradizionale ma un’opera che tenta di esplorare più concetti di game design.
Ci si trova davanti a una sorta di audace traversata, nata dalla scelta di esulare da alcune caratteristiche del genere di riferimento, inserire meccaniche sovente accessorie o addirittura assenti all’interno dello stesso e concentrarsi su quello che difficilmente è il punto di forza di titoli affini: il comparto tecnico.
Empire of the Ants Recensione
Prima di cominciare a spulciare nel dettaglio tutte le meccaniche insite nel titolo pubblicato da Microids sarebbe bene dare al lettore un’infarinatura in merito alla struttura generale di Empire of the Ants. Il gioco si fonda su tre tipologie principali di missioni, due correlate al gameplay strategico appena evidenziato e l’altra all’esplorazione.
Queste iniziano allorché il giocatore interagisce con alcune formiche all’interno delle hub di gioco e una volta che ne viene completata una quantità sufficiente si può procedere nell’avventura. Esse, inoltre, nascondono anche un vasto quantitativo di collezionabili diversi e possono essere rigiocate in caso qualcosa venga lasciato indietro.
Molteplici altre chicche si trovano dentro ai formicai stessi che fungono, come già anticipato, da campi base ove prepararsi alle varie spedizioni, scegliere a cosa dare priorità e conversare con i vari abitanti dell’area per ottenere nuove informazioni riguardo alla narrativa. E proprio dalla trama inizieremo ad analizzare il titolo.
Un piccolo impero
Empire of the Ants ci mette nei panni della 103,683° formica di Bel-o-kan, incaricata dalla regina di assolvere al compito di stratega del nido e guidare una serie di iniziative volte a solidificare l’egemonia della federazione (sorta di autorità imperiale dalla vasta estensione e guidata da Bel-o-kan).
La situazione ovviamente non è così semplice e numerosi nemici si affacceranno sui confini di questo immenso regno mettendone in dubbio la tenuta. Dalle termiti fino all’acqua e alle inondazioni che minacciano di affogare le formiche e annientarne l’autorità politica e militare del tutto, numerosi fili vengono ricamati dallo sviluppatore, tuttavia, non sempre arrivano a destinazione.
La prima grande problematica dell’intreccio è insita nella scrittura dei dialoghi e in generale nelle scelte relative all’esposizione dei concetti. La volontà di prediligere un linguaggio sibillino ed un certo abuso del non detto, lungi dal generare una trama enigmatica finisce per disegnarne una piuttosto sconnessa e tagliare le gambe a numerosi filoni narrativi.
Concetti interessanti svaniscono del tutto e sovversioni considerevoli dell’ordine intrinseco alla federazione avvengono off-screen così come le scene madri tendono a non essere vissute dal giocatore ma riferite solo dopo che accadono con asciutti resoconti (spesso mediante i feromoni di memoria che riportano alla mente il passato).
Si va a perdere, dunque, il senso di organicità che sembrerebbe, invece, contenuto nel concetto di “empire” come autorità fantapolitica miniaturizzata ma padrona dei meccanismi tipici di un vero regno. Manca, quindi, una consequenzialità sufficiente a sottolineare il rapporto di causalità tra gli eventi e immortalare le azioni della protagonista in quanto foriere di cambiamenti.
Quelle parti della trama che sarebbero state intriganti da vivere ed esplorare sono emarginate e si ha il presagio costante di trovarsi in un’eterna fase di preparazione a eventi che o non avvengono mai o che non vengono mostrati esplicitamente. La climax ascende fino a interrompersi bruscamente e ripartire da capo di nuovo.
La stessa segretezza che tanto viene sottolineata ed evidenziata non si risolve, se non in rari e perciò efficaci casi, in un’epifania risolutiva e permane come l’alone di una scarsa audacia, sufficiente a gettare ingredienti nel pentolone ma non a cuocerli fino alla fine. Insomma, di tante iniziative molte vengono abbandonate senza troppe risposte né convenevoli.
Ciò è un peccato in quando a livello di atmosfera l’intreccio funziona senza troppi intoppi e immedesima il giocatore all’interno dell’ecosistema di quello che appare come un impero gigantesco e che invero potrebbe essere un minuscolo boschetto. Proprio questo senso di straniamento derivato dall’alterazione delle dimensioni costituisce un punto di forza della produzione.
Un cambio di prospettiva
Empire of the Ants, in controtendenza rispetto a un genere spesso orientato intorno alla visuale isometrica, adotta una terza persona centrata alle spalle della nostra formica-generale che non soltanto ha un forte impatto sul gameplay di cui parleremo a tempo debito ma pone il fruitore dell’esperienza in una posizione particolare.
Certo, non è la prima volta che si viene rimpiccioliti in un videogioco, basti pensare a Grounded ma raramente ci si ritrova in una prospettiva così mutata e nei panni di una creatura completamente differente rispetto a un essere umano. In questo si innesta la trasfigurazione dell’ambiente circostante di cui si accennava precedentemente.
Sassolini che divengono rupi, fuscelli che si tramutano in alberi, legnetti alla deriva che appaiono come ponti, piccole pigne che assumono il ruolo di riserve di legname; ogni elemento assume un ruolo stravolto rispetto a quello canonico. Ciò avviene sia in chiave artistica sia in chiave narrativa e funziona proprio laddove l’intreccio cede.
Lungi, dunque, dall’interessarsi alla narrativa vera e propria il giocatore finisce per subire il fascino di questa vasta miriade di concetti e del modo in cui la nuova prospettiva ne modifica l’essenza. Nulla di tutto questo accadrebbe senza un eclatante comparto tecnico che fin dal primo reveal del gioco era apparso essere il fiore all’occhiello dell’esperienza.
Empire of the Ants vanta una qualità visiva straordinaria per un RTS, resa possibile dall’adozione di Unreal Engine 5. Ogni singola area di gioco appare estremamente curata dai riflessi sulle superfici d’acqua alle rifrazioni della luce tra anfratti, grotte e cunicoli. Anche la notte e le condizioni atmosferiche più nebulose riescono ad avere notevole impatto.
A sorprendere maggiormente è, tuttavia, l’eccellente cura riposta nei dettagli più minuti delle varie mappe. Questa si esplicita nella densità del fogliame, nella qualità delle texture e soprattutto nella mole di creature che vagano contemporaneamente a schermo. Osservare migliaia di esserini diversi che si muovono e si scontrano è un vero piacere per gli occhi.
Inaspettatamente, Empire of the Ants si sottrae all’infausto destino che coinvolge molti titoli costruiti intorno al motore di Epic Games. Nella nostra prova non abbiamo assistito a incertezze tecniche di nessun tipo e l’esperienza ci è apparsa estremamente fluida e addirittura più scalabile rispetto ai requisiti preventivati dalla software house.
Abbiamo, inoltre, constatato con piacere l’assenza totale di stutter legato alla compilazione degli shader (per anni grande croce dei titoli su Unreal) nonché un peso, tutto sommato, limitato sulla CPU nonostante il vasto numero di creature. In poche parole dal punto di vista tecnico il titolo di Microids è riuscito veramente a centrare l’obiettivo.
Tra cunicoli e formicai
La prima tipologia di missione su cui ci concentreremo in questa recensione di Empire of the Ants è quella legata alle quest esplorative tramite le quali introdurremo il sistema di movimento. Esse, infatti, esulano totalmente da quello è il gameplay strategico del titolo e fungono in parte da showcase tecnici e in parte da ambienti immersivi.
La nostra formica dovrà vagare per diorami costruiti con considerevole grazia e acume nonché, come già anticipato, elevati dalla sorprendente fedeltà grafica. Da splendidi notturni a labirintiche strutture sotterranee, queste spedizioni mostrano la forte verve stilistica del team, necessaria a nascondere quella che è una certa superficialità del gameplay.
Le meccaniche di attraversamento di aree accidentate o sommerse, ad esempio, si scontrano con un certa grettezza nel movimento del proprio insetto il quale è perfettamente funzionale durante le fasi tattiche ma chiaramente non calibrato per il parkour. Il salto, infatti, è piuttosto complesso da modulare e sovente conduce a bizzarri strafalcioni.
Anche le altre variazioni sul tema non raggiungono livelli qualitativi particolarmente elevati e si conformano a strutturazioni piuttosto banali e consuete e dalla profondità discutibile. Insomma, Empire of the Ants tenta di esulare dal suo sistema più caratterizzante ma finisce per non possedere la versatilità sufficiente a farlo.
I compiti da svolgere durante le missioni esplorative tendono a essere già visti, privi di un buon livello di sfida e talvolta quasi riempitivi. Ciò non di meno, queste riescono a essere, talvolta, addirittura godibili grazie alla cura degli ambienti, al fascino esercitato dalle aree esplorate e dalla marcata atmosfera.
Un plauso in questo senso va fatto ai ragni che mai come in questo gioco riescono a essere spaventosi. Raffigurati con somma perizia e considerevolmente più grandi delle formiche, rappresentano un nemico letale, scattante e dalla notevole mobilità. In poche parole, anche questa volta è il mondo di gioco a dover sopperire alle limitazioni strutturali.
Armate di chitina
E ora giunto il momento di concentrarsi su quello che è il gameplay core di Empire of the Ants ossia l’ambito strategico e tattico. Innanzitutto le unità di combattimento si dividono in tre categorie: le formiche che rappresentano il grosso dell’esercito, i super predatori: punta di diamante offensiva dei propri stratagemmi e infine le creature di supporto.
Le formiche sono tripartite a loro volta in operaie (necessarie ad accumulare risorse dalle location adibite), archibugiere (capaci di colpire dalla distanza) e guerriere (dedite al combattimento corpo a corpo). Esse hanno un rapporto di forze e debolezze piuttosto classico e rodato, dove la prima è efficace sulla seconda, la seconda sulla terza e la terza sulla prima.
Ogni legione può essere potenziata fino a due volte tramite l’utilizzo di cibo (insieme al legno una delle due risorse disponibili) e rimane indisponibile durante gli upgrade costringendo a pianificare attentamente ogni mossa per evitare di essere sopraffatti. Esse inoltre possiedono differenti velocità e rispondono in maniera diversa agli eserciti nemici.
I super predatori, invece, vantano un elevatissimo vantaggio nei confronti di qualsiasi unità e rappresentano un’arma capace di annichilire le truppe avversarie in men che non si dica. Utilizzarla in maniera irresponsabile, tuttavia, rischia di esporre le proprie creature ai corrispettivi avversari e trasformare un trionfo in una vittoria pirrica.
Infine, le unità di supporto arrecano diverse tipologie di buff agli insetti nei loro immediati paraggi ma necessitano di essere difese costantemente a causa della loro intrinseca fragilità. Ultimo tassello è ovviamente il generale, ossia la formica protagonista dell’intera vicenda che vaga per i campi di battaglia e dispone le formazioni.
E proprio qui si esplicita una delle caratteristiche più particolari di Empire of the Ants. Non vi è, infatti, una visuale dall’alto che permetta di saggiare immediatamente il campo di battaglia, controllare immediatamente lo stato di tutti i fronti con un mero movimento del mouse e concedere potenziamenti alle truppe indipendentemente dalla loro distanza.
Il generale è piuttosto rapido nello spostarsi ma essere al corrente della propria posizione è necessario se non si vuole rimanere indietro durante i momenti più concitati. La gestione del tempo è uno dei pilastri strategici del gioco così come la ricerca di un’elevazione sufficiente permette di organizzare al meglio la disposizione delle truppe.
L’arte della guerra
Arriva dunque il momento di valutare il funzionamento delle missioni tattiche (simili alle strategiche che vedremo in seguito ma meno orientate sul management dei nidi). In queste, generalmente, il giocatore è già in possesso di un esercito completo e si trova a dover completare una serie di obiettivi differenti.
Dal respingere assalti nemici al proteggere le proprie risorse, le situazioni tendono ad avere una certa variabilità, esplicitata da un level design efficace per quanto piuttosto sgraziato. Ogni livello possiede una propria identità, una sfumatura particolare di un gameplay che, complice una scarsa varietà di potenziamenti e legioni, rischierebbe altrimenti di divenire stantio.
Ogni arena si presta a una differente strategia che impedisce alle quest di provocare un senso di déjà vu. Tuttavia, lo sviluppatore non ha voluto concedere grande sottigliezza agli approcci che finiscono per apparire subito molto palesi e invero conferiscono alle arene una forte aria di artificiosità che si scontra con la cura artistica.
La qualità delle singole missioni è, inoltre, piuttosto altalenante e si alternano porzioni interessanti e altre ben più limitate e mediocri. Non sempre queste appaiono ben bilanciate e solo alcune presentano una difficoltà adeguata mentre la maggior parte sono o troppo facili oppure troppo semplici da rompere.
Empire of the Ants tende a non preoccuparsi granché di introdurre queste missioni in modo che siano realmente partecipi alla narrativa la quale tende a essere limitata a una minoranza di quest, mentre il grosso dell’avventura appare quasi un riempitivo necessario ad allungare il brodo. Non è problema gravissimo e in fondo la trama è secondaria ma è comunque necessario accennarlo.
Sul fronte del gameplay, invece, ci si concentra prevalentemente sul muovere e direzionare le legioni, mentre i combattimenti sono affidati totalmente al computer e basati solamente sulla forza delle creature e sull’utilizzo di eventuali poteri. Da ciò scaturisce un sistema dalle mancanze marcate ove non importa attaccare nel luogo giusto ma solo essere in maggioranza.
Al di là dei rapporti di forza prima menzionati, dunque, al giocatore non resta che decidere se ingaggiare gli eserciti nemici in campo aperto oppure mirare direttamente alle loro basi. Un plauso va invece fatto alla scelta di rendere la maggior parte dei feromoni (buff in dotazione al generale) limitati in estensione.
La necessità di essere accanto alle proprie truppe per potenziarle esalta in maniera efficace un’oculata gestione delle proprie priorità, pena il non poter coadiuvare uno sforzo offensivo in quanto troppo lontani e sprecare un vantaggio considerevole ai danni dei nemici. Insomma ciò che risulta è un quadro compromesso ma dal discreto potenziale, mancano tuttavia le missioni strategiche.
Si vis pacem para bellum
In Empire of the Ants le missioni strategiche vere e proprie tendono a occupare la maggior parte della campagna e uniscono il gameplay delle quest tattiche alla costruzione dei vari nidi. Questi sono le basi della propria forza militare e possono essere ampliati, conquistati o perduti.
Ogni formicaio può produrre una e una sola legione ed ha un numero di spazi limitato per i vari upgrade, impedendo di concentrarsi solo su una manciata di basi e costringendo a estendersi. I potenziamenti si dividono in tre livelli che possono essere sbloccati solo grazie alla produzione di specifiche e costose strutture.
Saper orientare le fasi iniziali di una missione strategica segna spesso la differenza tra la vita e la morte, tra un finale di partita piuttosto agevole ed un vero e proprio incubo. Purtroppo, proprio queste tendono a ripetersi sempre identiche e nemmeno le variazioni del level design costringono a variare sensibilmente il proprio piano.
Ciò che funziona in un livello funziona anche in tutti gli altri e permette ben presto di ottenere una superiorità estrema nei confronti del nemico. Il livello di difficoltà, infatti, è accettabile solo per un paio d’ore situate a metà della campagna, poiché l’inizio della stessa è troppo basilare e la fine troppo facile da abusare e rompere.
Allorché entrano in gioco le creature dell’endgame, la struttura delle mappe finisce per avvitarsi su sé stessa e si riscontrano alcuni errori piuttosto gravi da parte dello sviluppatore che se sfruttati a dovere sviliscono qualsiasi tentativo di mettere il giocatore in difficoltà. Si nota quasi una sovra estensione delle meccaniche che impedisce alle varie componenti di essere realmente rifinite.
Le routine comportamentali degli avversari sono l’ennesimo chiodo sulla bara di Empire of the Ants. Talvolta i nemici si esprimono in strategie a dir poco suicide come schiantare le proprie forze su creature terze ed esporsi ai nostri contrattacchi oppure sparpagliarsi eccessivamente e venire trucidati uno alla volta.
Ciò rende una tattica audace volta a dirigersi in fretta verso il quartier generale nemico troppo forte in quanto non contrastata da una reazione efficace. L’IA finisce o per difendersi in maniera velleitaria o per attaccare un nido periferico. Perdere un formicaio qualsiasi, tuttavia, provoca solo un rallentamento mentre conquistare il QG sancisce la fine dell’intero livello.
Inoltre, durante l’endgame di ogni quest, se si è stati attenti all’inizio, si ottiene una produzione di risorse elevatissima tale da rendere la perdita di un’armata quasi ininfluente poiché essa può essere rigenerata immediatamente tramite il cibo e il giocatore riesce a esercitare una pressione eccessiva sulle difese altrui.
Conclusione
Empire of the Ants è un titolo che prova a fare troppe cose e non trova quasi mai la quadra. L’opera di Microids (qui informazioni sul publisher) non un fiasco clamoroso oppure un titolo ingiocabile ma rappresenta ugualmente un’occasione sprecata: quella di creare un RTS dall’ambientazione particolare e dal comparto tecnico eccelso.
Per chi desidera un immersione a 360 gradi nel mondo delle formiche il gioco potrebbe essere addirittura interessante e la qualità visiva di certo farà la gioia di coloro che ne sono ossessionati. In ambito strutturale e di gameplay, tuttavia, l’opera non trova mai una vera e propria identità e finisce spesso per incorrere in gravi problematiche.
Il gioco riesce anche a divertire, invero, e non risulta mai fastidioso o noioso, soprattutto grazie alla sua profonda varietà, eppure tra un pessimo bilanciamento della sfida e la superficialità di tutte le sue componenti non può che lasciare l’amaro in bocca. Sembra di trovarsi in un enorme nido privo di coesione e questo le formiche non lo permetterebbero mai.
Prima di chiudere vi rimandiamo al nostro articolo sulla Steam Next Fest 2024 (qui il link) dove abbiamo provato molteplici demo tra cui proprio quella di Empire of the Ants e dove troverete un piccolo ma interessante scorcio sul futuro dell’industria videoludica nonché alcuni consigli riguardanti produzioni che potrebbero esservi sfuggite.
Un formicaio allo sbando
Pro
- Tecnicamente sbalorditivo ed estremamente fluido
- Ottima atmosfera e grande cura nella costruzione degli ambienti
- Notevole varietà di gioco e di approccio
Contro
- Livello di difficoltà estremamente basso e bilanciamento da rivedere
- La profondità dei sistemi e delle meccaniche è piuttosto limitata
- Routine dell'IA nemica deficitarie
- Scrittura raffazzonata e incapace di esaltare le premesse narrative