Life is Strange Double Exposure ANTEPRIMA
Ho potuto giocare in anteprima ai primi due episodi dei 5 che comporranno Life is Strange Double Exposure. Ve ne parlo.
Life is Strange è un franchise particolarmente importante, per me; è un’IP che ha non solo plasmato il mio gradimento estetico per le produzioni che mettono più il colpo d’occhio, al centro delle proprie strutture ludiche, rispetto a chissà quali rivoluzioni di gameplay, ma ha anche contribuito a ritagliare, nella mia identità di giocatore, uno spazio che per sempre sarà dedicato a produzioni come quelle di Don’t Nod e Deck Nine.
Se già con Life is Strange True Colors eravamo giunti ad un passo in avanti tecnico non indifferente, parallelo ad una parziale ridefinizione della propria estetica verso tratti più realistici (non fotorealismo, sia chiaro), in Life is Strange Double Exposure il passo avanti lo noto ancora di più, ed è qualcosa che potevano tranquillamente lasciare in secondo piano, dato il ritorno dell’amata protagonista del primo Life is Strange, Max Caufield, ma che invece rivela un impegno profondo nella creazione di un gioco piacevole sia nei modi in cui ricorda i giochi usciti finora, sia per come invece traccia nuovi sentieri.
Life is Strange Double Exposure ANTEPRIMA | Mi eri mancata, Max
C’è molto che posso dire di questi due primi capitoli, ma non voglio né rovinarti l’esperienza né lasciarmi andare a giudizi che sicuramente meritano lo spazio e i toni di una recensione, più che quelli di un’anteprima. Per questo, in questa anteprima NON CI SARANNO SPOILER su Life is Strange Double Exposure, e cercherò anche di tenere basso il tono degli eventuali rimandi ai giochi precedenti.
Torna Max e si cambia location, in Double Exposure: siamo una decina di anni dopo la storia originale, con una Max cresciuta esattamente di quanto siamo cresciuti noi. Ormai quasi 30enne, è pronta ad iniziare la sua avventura come seminarista in una prestigiosa università, opportunità arrivatale fra le mani proprio grazie alla sua abilità fotografica.
Vederla in un contesto maturo e, almeno in superficie, nel ruolo opposto a quello da studentessa che vestiva nel primo LIS, è molto piacevole: dimostra in fondo una crescita non solo personale ma anche personale, aspetto da inquadrare assolutamente anche nel ruolo relativamente negativo che avevano gli insegnanti nel primo titolo della serie (in particolare UN insegnante).
L’università in sé, anche grazie alla location nella quale è piazzata, è ovviamente bellissima da vedere: architetture con un morbido tocco di neo-gotico, ampi spazi innevati, tetti dedicati alla ricerca astronomica, tantissime opere, sculture, quadri e fotografie piazzate a sottolineare quanto sia l’arte, la ricerca della bellezza in ogni sua forma, la destinazione di questo contesto accademico.
Non si sta solo all’università, ma come sempre balzeremo qui e lì ad altre location, e si percepisce il più ampio respiro di questi environment.
Non c’è una vera esplorazione meccanicamente libera, i corridoi non si vedono ma ci sono (anche se va detto che non rendono amara l’esperienza), ma per il resto si sentono assolutamente la realtà e il realismo dei pixel a schermo, siano essi una biblioteca, un bar con birrificio, o l’appartamento di Max. Tutto è non solo vissuto ma vivente, e sintetizza una coziness che non può non tradursi in un automatica sospensione dell’incredulità che ti trasporterà, come ha fatto con me, in ciò che Max sta vivendo.
Quieto vivere… non fa gameplay
Life is Strange Double Exposure passa molto del suo primo episodio a tracciare le pennellate dei nuovi personaggi, della nuova location e, in un certo senso, della nuova Max. Arcadia Bay è il passato, Chloe è il passato, e per Max è ora di pensare al – e vivere nel – futuro. Ho amato il tempo che il gioco si è preso per dettare la quotidianità prima della frattura drammatica, tanto che sono abbastanza convinto che gli episodi durino fisicamente di più che in passato.
Ciò li rende non solo più godibili, ma anche quasi più conclusivi, anche se entrambi finiscono con un cliffhanger (ed è in particolare quello del secondo episodio dal quale mi aspetto più sorprese esplicative).
Il corollario di personaggi che attorniano Max è variopinto e ben definito a livello di narrative design: è difficile incastrare tutti in facili archetipi o ruoli, e tolto un personaggio che difficilmente non ti risulterà antipatico, hanno tutti un buon spessore. Ovviamente il corpo di questo spessore emotivo cambia a seconda del personaggio, con i co-protagonisti Safiya (detta Safi) e Moses posti più centralmente rispetto ad altri.
Max sembra molto più radicata nel tessuto sociale che inevitabilmente la avvolge, e perfino nell’inevitabile lutto (di chi, tocca a te scoprirlo) non si rimette – per molto – a quell’autoimposta solitudine che invece il primo Life is Strange poneva in primo piano, quasi inevitabile soluzione per un percorso emotivo e investigativo che dal lutto partiva, dal lutto passava e nel lutto finiva.
Qui lutto, lì Natale
Ovviamente non c’è LIS senza poteri, e anche in questo caso, in modo nuovamente parallelo a quella che ancora ad oggi ritengo la maggior coesione fra meccaniche e narrazione, quella di True Colors con i poteri empatici, Life is Strange Double Exposure usa superpoteri per parlare di altro.
Qui il potere di Max non è più quello di far tornare indietro il tempo, abilità che sembra aver volontariamente smesso di usare fino a perderla del tutto, ma quella di switchare fra due realtà: una dettata dal lutto avvenuto, l’altra apparentemente scevra del dolore di una morte ma pronta comunque ad aggiustare il tiro e portare qualcuno sulla soglia dell’aldilà.
Come già avevo raccontato nel mio provato durante Gamescom 2024, questo switch è meccanicamente limitato a determinati punti, unici contesti nei quali possiamo effettivamente eseguire il passaggio fra realtà, se non per una sorta di sonar che ci permette, con la pressione di un tasto, di creare una area attorno a noi che agisce da spiraglio verso l’altra realtà. Purtroppo è questo secondo utilizzo del potere che Life is Strange Double Exposure ancora non sa usare a dovere, mentre lo switch fisico tra realtà è usato in modo interessante, per quanto non troppo innovativo, nei due episodi.
È in particolare il secondo episodio a riservare alcune sorprese, per ora solo narrative ma, ci voglio credere e sperare, potenzialmente meccaniche, allo switch interdimensionale, però attendiamo gli episodi 3, 4 e 5 per vedere cosa ha in serbo Deck Nine. Come promesso non spoilero nulla, ma mi sto riferendo a piccoli indizi di un probabile twist davvero inaspettato e che, ne sono felice, non ha avuto modo di essere leakato finora.
Un ultimo flusso di coscienza, prima del rimando alla recensione…
Life is Strange Double Exposure è l’ennesimo passo in avanti per Deck Nine, sia narrativo che, potenzialmente, meccanico. Doppiaggio e narrazione sono di ottima fattura, come lo è l’attenzione al dettaglio che finalmente, tra engine e seniority, il team di sviluppo può applicare ad ogni cosa: il movimento impercettibile di un sopracciglio durante un dialogo, lo sguardo agitato di un insospettabile testimone, il linguaggio paraverbale di un professore un po’ troppo egoriferito.
Tutto parla una qualità che sì mi aspettavo ma che non potevo credere funzionasse in modo così naturale, ergonomico e funzionale all’impatto emotivo della storia che Life is Strange Double Exposure racconta. Max è un lieto ritorno, e il nuovo contesto scolastico gioca perfettamente nell’equilibrio fra le memorie del primo titolo e il virtuosismo di poteri di questo capitolo, ora ancora più centrato nel desiderio di Max di salvare ciò che ama.
Gli indizi di dove la storia potrà andare a parare nei 3 capitoli conclusivi mi mettono parecchio hype verso ciò che rimane dell’esperienza, e non posso che attendere, e convincerti ad attendere, l’opera completa di Deck Nine, sicuro che ciò che ho visto in queste circa 4 ore e mezza passate con Life is Strange Double Exposure è solo l’antipasto di un banchetto emotivo di qualità, come sempre sotto l’egida pitch perfect di un team di sviluppo che ha capito come portare a schermo un’avventura unica, sì limitata meccanicamente ma perfettamente centrata nei suoi obbiettivi emotivi e narrativi.
E maledetto sia quel cliffhanger a fine episodio 2. Quanto mi tocca aspettare risposte, ancora? Quanto, Max?