Summer Game Fest, è finita la ricreazione
Dopo il deludente spettacolo offerto nella notte tra venerdì 7 e sabato 8 giugno è giusto chiedersi se c'è un futuro per Summer Game Fest.
Che l’epoca d’oro dell‘Electronic Entertainment Expo sia definitivamente scomparsa si era capito già da un po’, che ci si dovesse adeguare ad una nuova prospettiva lo si era ugualmente intuito, tanto è vero quasi nessuno ormai ha aspettative alte sugli eventi, piuttosto prevale un sano realismo.
Cosa allora non è andato per il verso giusto? Perché va detto, ciò che ho visto al Summer Game Fest di quest’anno è stato uno spettacolo desolante, soprattutto alla luce di ciò che ha mostrato successivamente Microsoft.
Come nasce il Summer Game Fest, e chi è Geoff Keighley
Per capire com’è arrivato a questo punto, bisogna tornare indietro fino alla nascita del Summer Game Fest. In piena pandemia Covid-19, era impossibile organizzare una fiera in presenza e i problemi mai risolti dell’ESA (Entertainment Software Association che organizzava l’E3) avrebbero lasciato un vuoto importante proprio nel momento in cui stavano per uscire le console di nuova generazione.
Era il 2020 e nemmeno Gamescom sarebbe riuscita ad organizzarsi. Con un deserto simile, trovò terreno fertile Geoff Keighley già conosciuto per i The Game Awards. Un conto però son gli “Oscar” dei videogiochi ove, se c’è un trailer è un qualcosa in più, un altro è provare a sostituire una macchina sforna sogni come era la fiera losangelina.
Keighley ha iniziato più di vent’anni fa a seguire i videogiochi, precisamente nel 2003 su Spike Tv con GameTrailers Tv, passando nel corso degli anni anche su MTV e su Discovery Channel. Nei vari rapporti di collaborazione che aveva si è sempre occupato di videogiochi e soprattutto di coprire l’E3.
Gli stessi Game Award, prima andavano in onda su Spike Tv e condotti sempre da Geoff, ma con un nome diverso: erano i VGA. Dal 2013 iniziarono i cambiamenti che portarono al format attuale. Oltre a questo, come da lui stesso annunciato, l’ESA gli affidò la conduzione di COLISEUM dal 2017: panel, interviste in live realizzate da lui con la possibilità di interagire tramite social.
Il contentino da Sony, e uno scenario che cambia
Per andare a dama, il Summer Game Fest doveva riuscire a riportare la magia delle vecchie edizioni dell’E3, cosa tutt’altro che semplice dato il contesto, nonostante l’uscita delle console di nuova generazione.
Geoff Kingley riuscì a mostrare un DualSense oltre al gameplay di Astro’s Playroom. Ebbe in collegamento anche Eric Lampel (SVP and head of global marketing di PlayStation). Il reveal di PS5, c’era stato un mese prima e Sony anni prima aveva annunciato che non sarebbe più tornata all’E3. Messa giù in questi termini sembrerebbe un colpaccio. Con il senno del poi, mostrare tutto ciò senza che l’allora CEO (Jim Ryan) si mostrasse, è sembrato più un contentino.
È importante, come ricordavamo all’inizio, lo scenario della pandemia, perché non si è tenuto conto del dopo. Stare a casa ha portato i videogiochi ad arrivare ad un pubblico maggiore e se aumenta esponenzialmente questo, aumenta anche la richiesta di vedere sempre qualcosa di nuovo.
L’industria non era pronta ad una domanda del genere e non era pronto nemmeno il Summer Game Fest. Ha funzionato bene finché il pubblico era quello abituato alle conferenze vecchio stampo, ma se ad un nuovo pubblico proponi siparietti tristi sul palco, VIP del cinema che salgono per dire quattro concetti in croce senza rendersi conto del contesto, crolla tutto e non hai sempre un Elden Ring a salvare l’evento.
Forse è suonata la campanella per il Summer Game Fest
Ci son diversi fattori che indicano l’ora di un cambio: è ora di sognare in modo diverso. Si gioca in modo diverso, è cambiata la fruizione dei contenuti e bisogna rimodulare anche le attese. Quando si avvicina al Summer Game Fest, viene facile immaginare a quanti trailer verranno mostrati, invece almeno per quanto mi riguarda, mi viene da pensare a quanti licenziamenti ci sono stati nell’industria. Troppi.
I costi emersi per mostrare un trailer all’evento, son da capogiro: immaginare un piccolo studio che voglia mostrare il proprio lavoro debba spendere 250 mila dollari per un trailer di un minuto è assurdo, addirittura 550 mila per due minuti e mezzo è follia pura. Quelle cifre, non riescono a spenderli neanche per il marketing.
L’ultimo ballo, in ordine di tempo è stata la dimostrazione chiara di un distacco dalla realtà molto evidente. Il fatto che Geoff abbia preventivamente annunciato che sarebbe stato un Summer Game Fest da 8 su 10, fa intuire in quale bolla viva lui rispetto a gran parte degli osservatori. Non credo che l’ESA sia mai arrivata a tanto (e ne ha fatte tante).
Anche la richiesta di feedback a posteriori pur quanto apprezzabile, s’è trasformata in un boomerang: alla maggior parte dei votanti non è piaciuto ciò che è stato mostrato e temo che il problema sia la natura stessa dell’evento che a fronte di un ricollocamento dell’industria videoludica non è assolutamente a fuoco.
Il Circo delle pulci
Quanto durerà? Spero poco. C’è una citazione che mi viene in mente:
“Il Circo delle pulci, a Petticoat Lane. Era veramente una meraviglia… avevo un piccolo trapezio e una giostra, un carosello e un’altalena. Tutti avevano un movimento meccanico naturalmente, ma la gente diceva sempre di vedere le pulci: ”ho visto le pulci mammina, tu le vedi le pulci?”. Le pulci domatrici, le pulci equilibriste, le pulci pagliaccio: ma con questo parco volevo far vedere qualcosa che non fosse un’illusione”
Non vorrei che il Summer Game Fest fosse un circo delle pulci, capace di illudere la gente che tutto va bene. Quando in realtà, il settore è tutt’altro che in salute. C’è poi la questione pubblicità durante l’evento che non si può proprio vedere. Già siamo sommersi di annunci in ogni dove, aggiungerne altra non aiuta di certo.
Geoff Keighley merita una riflessione molto accurata. Ho scritto già chi è e com’ è arrivato a condurre il Summer Game Festival, aggiungo che quando saltò l’edizione dell’E3 2022, prima della chiusura definitiva se n’è uscito con un occhialino su X. Uno che sputa sul piatto dove ha mangiato per anni si qualifica da solo, oltre a tenere certi comportamenti inusuali (dare il suo voto al suo evento) per chi ha la responsabilità di condurre una kermesse del genere. Per questo motivo sarebbe auspicabile che si occupi solo dei Game Awards, dove può atteggiarsi liberamente ma non può esser il deus ex machina degli eventi dell’industria videoludica.