Days of Doom RECENSIONE Alla ricerca di Sanctuary
Days of Doom può essere considerato un esponente del genere dei roguelite, che nel corso dell’ultimo decennio è stato protagonista di una costante crescita quantitativa e qualitativa, in grado di portarlo all’attenzione di un numero sempre maggiore di utenti.
Days of Doom RECENSIONE | L’evoluzione del genere roguelite
I motivi di questo successo sono molteplici, primi fra tutti la struttura di gioco che combina un alto grado di sfida legato alla morte permanente del personaggio in caso di sconfitta con la grande rigiocabilità data dalla necessità di ricominciare una nuova run, con eventi e upgrade diversi, ad ogni game over.
Inoltre la durata piuttosto breve delle partite, altra caratteristica generalmente comune al genere, e la possibilità di ottenere un qualche tipo di upgrade permanente sulla base del numero di run svolte e dei risultati ottenuti, rendono i roguelike un’ottima scelta per sessioni di gioco brevi ma intense, mantenendo comunque il senso di soddisfazione dovuto a una progressione lenta, ma quantificabile.
Tutti questi fattori hanno contribuito all’attuale successo del genere che, non essendo al tempo stesso dipendente da caratteristiche tecniche o di gameplay, si presta estremamente bene alla scena indie e alla commistione di vari generi. Vediamo in che modo Days of Doom sia un esempio di ciò.
Un viaggio verso l’ignoto
Days of Doom presenta un’ambientazione post-apocalittica, dove il mondo è quasi completamente controllato da un’orda di zombie e il giocatore è chiamato a guidare un gruppo di superstiti verso Sanctuary, leggendario baluardo di pace e sicurezza. Arrivarci però non sarà semplice.
Come avviene ad esempio in Slay the Spire o Darkest Dungeon 2, qui la nostra recensione, la mappa di gioco, generata casualmente ad ogni partita, è strutturata in nodi, punti di interesse tra cui navigare per arrivare al boss e passare alla zona seguente.
Non si tratta però di una scelta forzata tra un nodo piuttosto che un altro, dal momento che le risorse a nostra disposizione, oltre a permetterci di comprare potenziamenti, oggetti consumabili o addirittura personaggi, comprendono il carburante, del quale è necessaria un’unità per muoversi da un nodo all’altro, anche nel caso avessimo già visitato la nostra destinazione.
La fine del carburante equivale al game over, dunque è molto importante gestirlo al meglio, bilanciando il numero di nodi da visitare prima di passare al boss con le risorse a nostra disposizione e la salute dei membri del nostro party, che si rigenera solo in certe situazioni.
La speranza è l’ultima a morire
Come dicevamo in apertura, i roguelite possono presentarsi in diverse forme a livello di gameplay e Days of Doom non fa eccezione dal momento che i suo sistema di combattimento segue le regole dell’rpg tattico.
Le arene sono dunque caratterizzate da una griglia dove personaggi e nemici si muovono seguendo un sistema a turni con un ordine basato sulla statistica di velocità di ogni combattente; non mancano ostacoli e trappole come barili che possono alterare lo stato del terreno permettendo di infliggere effetti di stato a nemici (o membri del party…) troppo vicini.
Il party è inizialmente composto da tre personaggi, scelti dal giocatore a inizio run tra una selezione limitata e casuale delle classi disponibili, alcune delle quali disponibili fin dall’inizio, altre sbloccate completando determinati obiettivi nel gioco. Il numero di membri del party può essere aumentato spendendo fama, una valuta speciale utilizzabile solo prima di iniziare una run e che permette di sbloccare potenziamenti permanenti.
Le otto classi sono abbastanza variegate, ciascuna ha le proprie caratteristiche a livello di statistiche e soprattutto abilità, che le rendono più o meno adatte a determinate situazioni, costringendo il giocatore a compiere scelte oculate, sia a livello di costruzione del party che in combattimento, dal momento che la morte di ogni personaggio è permanente e costringe a sostituirlo tramite eventi casuali o negozi.
Le statistiche e abilità di ogni personaggio vengono però migliorate con l’aumento di livello, rendendo la perdita di ciascuno di essi un duro colpo, specialmente nelle fasi finali della partita. Sono inoltre presenti le rune, potenziamenti equipaggiabili da ciascun personaggio in numero limitato che modificano statistiche e abilità dello stesso.
Non è tutto oro quel che luccica
Nonostante Days of Doom abbia idee interessanti e grande potenziale, il titolo è purtroppo minato da difetti che ne limitano il valore e lo rendono consigliabile prevalentemente agli amanti del genere.
Quello che salta più all’occhio è la varietà di eventi casuali e nemici, dal momento che già a metà della prima run sembravano ripetersi continuamente, in netto contrasto con le classi di personaggi a disposizione del giocatore, le cui abilità e caratteristiche sono profondamente diverse tra loro e concedono un buona dose di strategia in fase di creazione del party e combattimento.
Questo purtroppo causa un notevole senso di ripetitività di fondo dopo poche partite, un grosso problema per un titolo come Days of Doom che è fortunatamente almeno in parte mitigato da un gameplay divertente e, appunto, dalla possibilità di testare la sinergia di classi diverse ad ogni partita.
Conclusione
Days of Doom è comunque un buon titolo che, pur non portando niente di nuovo al genere dei roguelite o degli rpg tattici è comunque in grado di garantire molte ore di gioco, grazie anche alla possibilità di acquistare potenziamenti permanenti dopo ogni run, limitando così la ripetitività di fondo del gioco.
Days of Doom è attualmente disponibile per PlayStation 4, Playstation 5, Xbox Series S|X, Xbox One, Nintendo Switch e PC. Già che ci sei, dai un’occhiata alla nostra pagina Steam! Se ti andasse di acquistarlo a prezzo scontato, puoi farlo a questo link.
Divertente ma alla lunga ripetitivo
Pro
- Gameplay semplice ma ben strutturato.
- Buona varietà di situazioni e personaggi giocabili...
Contro
- ...non altrettanta per quanto riguarda i nemici.
- Alla lunga diventa ripetitivo.