The Last of Us HBO potrebbe avere 5 stagioni
Lo showrunner Craig Mazin si è espresso sul potenziale delle future stagioni di The Last of Us HBO, e sono più di quante ci si aspetta.
Più di qualcuno aveva dubbi sull’efficacia o addirittura sulla legittimità della serie The Last of Us HBO, ma in mano a creativi del calibro di Craig Mazin, che già l’aveva dimostrato con Chernobyl, e Neil Druckmann, lo sviluppatore del titolo originale e del suo sequel, nulla sembra impossibile.
La serie ha infatti ottenuto 24 nomination agli Emmy, seconda solo a Succession (sempre di HBO), e una media di 30 milioni di spettatori per episodio. La prova più materiale del successo della serie però viene da una mail, almeno secondo Maizin.
“Steven Spielberg mi ha mandato un’email sul terzo episodio [l’acclamato ‘Long, Long Time’, incentrato su una coppia di sopravvissuti interpretata da Nick Offerman e Murray Bartlett]. Si è complimentato per l’intera serie, ma per quell’episodio in particolare. L’ho condivisa con tutte le persone che hanno lavorato allo show.”
Maizin si slaccia con THR su passato e futuro di The Last of Us HBO
Di seguito ti riporto una parte del botta e risposta tra Maizin stesso e The Hollywood Reporter.
Quale di queste nomination agli Emmy ti ha più entusiasmato?
Sicuramente Keivonn Woodard [l’attore più giovane a essere nominato come guest actor in una serie drammatica]. Stavo cercando ragazzi neri tra gli 8 e gli 11 che fossero sordi e conoscessero adeguatamente l’ASL. Keivonn non aveva mai fatto nulla di tutto questo prima del provino e mi è sembrato incredibilmente naturale e a suo agio.
Il terzo episodio è stato un successo enorme: nella tua mente rimane un punto di riferimento che ti infastidirà se non lo supererete con un episodio futuro, se magari siete alla terza stagione e la gente continua a dire: “Beh, il terzo episodio della serie è ancora il migliore”?
Onestamente cerco sempre di non mettermi in competizione con me stesso, perché rischi davvero di imboccare strade che è meglio evitare, anche solo dal punto di vista creativo. Ti ritrovi a scrivere in modo sintetico e nulla viene più da un punto di vista onesto.
Qualche episodio è per forza “IL miglior episodio” e la vedo dura che sarà l’ultimo episodio, ma anche dopo Chernobyl pensavo che il mio meglio fosse ormai alle mie spalle, in quella serie. Se a qualche anno da oggi, con altre stagioni di The Last of Us HBO pubblicate, ancora si dirà che il terzo episodio della serie è il migliore, andrà bene lo stesso.
Detto questo, però, non smetteremo mai di prenderci dei rischi. Giusto prima dello sciopero stavo scrivendo il primo episodio della seconda stagione e ogni volta che sentivo la mia mente tracciare linee di paragone con la prima stagione mi obbligavo a fermare quella spirale di pensieri.
Cosa avete imparato dalla prima stagione che vi è poi servito per andare avanti nella realizzazione dello show? Cosa funziona e cosa non funziona per questo show in particolare?
Sicuramente la lezione più grande è l’aver imparato il punto di equilibrio fra il voler fare tutto in modo pratico, e le possibilità e realtà di quello che invece possono fare gli effetti visivi. Stiamo cercando di farci più furbi a riguardo.
A livello di storytelling, invece?
Non lo dico con arroganza, ma abbiamo lavorato duramente per assicurarci che le sceneggiature fossero solide, e credo che abbiamo fatto quello che volevamo. Vorrei che avessimo avuto la lungimiranza di sapere che i primi due episodi originali sarebbero diventati un unico lungo episodio.
Alcune cose sono diventate un po’ goffe o si sono perse in fase di editing e avrei voluto che non lo fossero. Neil e io siamo incredibilmente soddisfatti di come si è svolta la stagione, in particolare del nucleo centrale, ovvero le interpretazioni di Pedro e Bella.
Il loro rapporto era esattamente quello che speravamo.
C’è qualche possibilità che i fan vedano le scene eliminate del primo episodio?
Non credo. È quella cosa per cui ami così tanto una cosa che vorresti vederne ancora, e poi ne vedi di più, e allora pensi: “Oh, in effetti capisco perché l’hanno tagliata”.
Di tutta la prima stagione di quale scene vai più orgoglioso?
Ho un certo posto nel mio cuore per una scena dell’ultimo episodio che ho finito per girare perché il nostro regista ha contratto il COVID. È la scena in cui Joel rivela a Ellie perché ha quella cicatrice sulla testa. Lei dice: “Il tempo guarisce tutte le ferite”. E lui risponde: “Non è stato il tempo a farlo”.
Sono particolarmente orgoglioso di questa scena perché, innanzitutto, è semplice: sono due persone che parlano. Non si muovono nemmeno, quindi tutto scompare e al centro c’è solo il loro legame. Sono molto orgoglioso della performance di Pedro e Bella in quel momento.
Era anche il terzultimo giorno di riprese, quindi era il culmine di un anno di riprese e il culmine del lavoro che avevano fatto l’uno con l’altra come professionisti, ma anche come esseri umani. Era così reale.
In quel finale, cosa pensi personalmente della follia omicida di Joel in ospedale per proteggere Ellie, anche se la sua morte avrebbe presumibilmente significato la possibilità di creare una cura per il virus? Non ha preso una decisione egoistica e moralmente sbagliata, vista la posta in gioco?
È certamente egoista. Ma la domanda è: “È sbagliato?”.
È una domanda che siamo costretti a porci e non sono sicuro che noi si possa rispondere facilmente. Perché qualsiasi genitore, se qualcuno viene da lei o lui e le/gli dice: “Sto per premere un pulsante e o muore tuo figlio o muore un altro bambino”, non conosco nessun genitore che direbbe: “Uccidi mia figlia o mio figlio”.
Ma quando si aggiungono sempre più bambini dall’altra parte, la questione diventa diversa. Se si preme il pulsante e o muore tuo figlio o muoiono altri due bambini, allora la situazione comincia a farsi pruriginosa. E sotto questa è un’esplorazione dell’amore e di ciò che l’amore fa a noi.
Definisce la nostra umanità, ma ci separa anche da un algoritmo. Il famoso Problema del Vagone è un problema proprio perché è un problema. Questo atto che Joel compie è un atto sbagliato. Da un punto di vista oggettivo, è “tecnicamente immorale”.
Tuttavia è qui che la semplice esplorazione del concetto di moralità comincia a rompersi: Se c’è qualcosa che diciamo essere immorale eppure nessuno è in grado di non farlo, allora che senso ha definirlo immorale?
Perciò ho un’enorme empatia per la decisione di Joel. Ho anche un’enorme antipatia per la decisione di Joel. E questo è il motivo per cui stiamo realizzando altri The Last of Us.
Ci sono così tanti fan là fuori che conoscono solo la serie e ci sono alcuni eventi in The Last of Us: Part II – senza spoilerare nulla – che metteranno davvero in discussione questo attaccamento. Questa quantità di reazioni la attendete o la temete?
Nessuna delle due, e non sono troppo d’accordo con la premessa alla domanda. Chiunque abbia giocato e poi guardato la prima stagione sa che a volte giriamo tutto esattamente come è successo nel gioco e a volte giriamo qualcosa di molto diverso.
Inoltre, non facciamo necessariamente le cose nello stesso ordine o nello stesso momento. Nella prima stagione abbiamo ripetutamente fatto cose sconvolgenti: tutti sono morti tranne Joel ed Ellie. Le persone hanno capito, guardando la serie, che si trattava di una storia in cui nessuno è al sicuro.
Se si ha intenzione di portare avanti una serie il più a lungo possibile, si tende a vestire i personaggi della serie con la famosa Plot Armor [ndr: personaggi che ripetutamente e inspiegabilmente evitano danni o disgrazie] fino a quando gli attori non chiedono troppi soldi o gli ascolti scendono, e allora li si uccide.
Non è quello che facciamo noi o che fa HBO. Quindi, per quanto mi riguarda, chiunque può morire in qualsiasi momento. Per quanto riguarda il contraccolpo da parte degli spettatori, a volte è difficile distinguere tra l’emozione, perché effettivamente tengono ai personaggi, e l’astio per il gusto dell’astio.
Ma né io né Neil facciamo le cose pensando a questo. Ci sono anche momenti durante la stagione in cui pensiamo che probabilmente i fan saranno infastiditi da noi, ma poi lo capiranno. Ad esempio, prima di vedere Ellie e Joel andare d’accordo, molti spettatori hanno pensato: “Lei è fastidiosa”.
E io: “Esatto! È fastidiosa e non ti piace, proprio come Joel la trova fastidiosa”. Quando questa antipatia sfuma, e Joel arriva a uccidere chiunque sia sulla sua strada per lei, anche tu che guardi sei al suo stesso status quo emotivo.
Inizialmente vi erano stati assegnati 10 episodi per la prima stagione, poi sono stati ridotti a nove. Questo significa che la seconda stagione sarà di nove o di dieci episodi?
Nessuno dei due. Non significa nessuna delle due cose. Abbiamo esposto alla HBO la nostra visione di come questa serie dovrebbe svolgersi non in una stagione, ma in più stagioni.
Quattro stagioni?
Potrebbero essere tre o cinque. Ma quattro mi sembra un buon numero. Alcune stagioni, a causa della storia che stiamo raccontando, avranno bisogno di meno episodi e altre di più. La notizia migliore è che il pubblico vuole di più.
Non asseconderemo il desiderio di avere tanti episodi solo per fare i fan felici quando ne annunceremo il numero. Se non gradiscono il numero di episodi di una stagione perché ne vogliono di più, beh, va bene.
A giochi chiusi credo che il modo in cui abbiamo stabilito il numero di stagioni ed episodi, sarà, si spera, chiaro. Non so se ogni stagione avrà lo stesso numero di episodi, ma, comunque, il numero non è importante. L’importante è che quando si arriva alla fine della stagione si dica: “È stata una bella stagione”.
In precedenza hai detto che la Parte II sarà divisa in almeno due stagioni, il che presumo sia vero a questo punto.
Quello che posso certamente confermare è che la storia non si adatta a una sola stagione.
In una recente intervista, Orsi ha anticipato un paio di annunci di casting in arrivo. Avete trovato la vostra Abby?
Forse. (Ride)
Stai diventando rosso, quindi penso ad un “Sì”.
Lo sciopero ci ha fermato. Le cose erano in corso. Abby era il primo ruolo che volevamo affrontare. Abbiamo un’esperienza piuttosto buona di annunci di cast importanti e di persone che dicono: “Davvero?”, e probabilmente questa continuerà.
Quindi la gente può non essere d’accordo, ma credo che finora abbiamo scelto bene e il pubblico sembra pensare che abbiamo scelto bene e l’Academy sembra pensare che abbiamo scelto bene.
Lei è stato attivo in politica sindacale. Cosa pensa dello sciopero a questo punto?
Il mio punto di vista generale è che la posizione della Writers Guild, e anche della SAG, è una posizione di “semplicità”. Non possiamo fare modifiche a ciò che esisteva prima, per cercare di risolvere i problemi. Dobbiamo ricominciare da capo con qualcosa di nuovo.
Dobbiamo fare dei cambiamenti radicali, perché tutto è rotto intorno a noi. Come forza lavoro siamo con le spalle al muro. Conosciamo tutti scrittrici e scrittori che hanno miliardi. Non si tratta di loro. Si tratta del 95% del sindacato.
Credo che per alcuni mesi le aziende si siano illuse che non sarebbe stato diverso dal solito, da quello che di solito succede. Si sono sicuramente dette: “Dobbiamo solo aspettarli e ammorbidirli e inizieranno a combattere tra di loro”.
Ma questo non è un negoziato come tutti gli altri che ho visto nei miei 30 anni di vita. È uno schifo, lo odiamo tutti, ma è così. Ogni giorno che le aziende aspettano di concludere si prolunga la sua inevitabile conclusione. Potrebbero semplicemente finirla oggi.
Credo che la loro fase delirante sia finalmente terminata, e ora dobbiamo solo affrontare altri problemi come la paura e l’orgoglio. Questa storia finirà, e quando finirà, finirà con soddisfazione della Writers Guild. Ne sono assolutamente convinto. Non abbiamo altra scelta.
Se The Last of Us di HBO rappresenta un ottimo esempio di prodotto transmediale, cosa penseresti se ti dicessi che un artista ha provato ad immagine il Batman animato ma nel contesto visivo della trilogia di Nolan?