Ixion – Recensione
Ixion era un prodotto difficile da prevedere, almeno in dimensione, se mi fossi fermato ad analizzare solamente il titolo precedente di Bulwark Studios, Warhammer 40,000: Mechanicus. Da un lato infatti abbiamo la gestione di piccoli scontri fra armate, ma dall’altra c’è la pretesa di farmi gestire una base spaziale dopo un piccolissimo incidente sulla Luna che ha semi-sterminato l’umanità.
Sì, perché si parla di nuovo della tendenza Icarica dell’uomo di approcciare un po’ troppo da vicino il sole, con conseguenze devastanti per chi rimane.
Ixion inizia con un tutorial davvero ben strutturato, un momento di onboarding che limita giustamente le tue opzioni di gioco in funzione del farti capire step dopo step cosa ti verrà presto richiesto per la gestione della stazione: costruisci dei “condomini” e delle strutture sanitarie, crea le strade fra di esse e in generale tieni sempre un occhio alla richiesta di energie di tutto ciò che è in funzione nella base.
Da novizio del genere, che mi ha sempre impaurito per la sua complessità e per le sue convenzioni di genere che io, ovviamente, non conosco, è stato un primo impatto piuttosto piacevole con il gioco, ma devo confessarti che forse dura un po’ troppo.
Sicuramente la stratificazione di meccaniche beneficia della relativa lentezza con la quale ti viene spiegato il core loop a lungo termine di Ixion, però mi basta onestamente piazzare 2-3 depositi di materiali e collegarli alle strade principali per capire che devo stare attento alle risorse.
Ixion: come si evolve post-tutorial?
I rischi a lungo termine dello scheletro di gioco, un po’ al contrario di quello che ad esempio succede in un titolo come Diablo IV (leggiti questo interessante editoriale sull’utilizzo del personaggio di Lilith) sono piuttosto definiti: evitare l’ammutinamento e tenere in funzione la stazione orbitante sono la priorità, ed è per evitare l’ennesimo tragico Game Over diegetico che devi imparare a rispondere alle varie necessità dell’ammasso di ferragli spaziale che ora sei costretto a (far) chiamare casa.
Tra queste devo sicuramente citare le esplorazioni dello spazio, ovviamente non reso con più di un paio di icone a schermo, ma che offre piccoli e immediati spunti narrativi, nel caso degli “eventi” che si possono scoprire, o meccanici, costituiti dal salvataggio di blocchi di persone in criosonno o pacchetti di dati di ricerca scientifica che permettono lo sblocco di nuove tecnologie nella stazione stessa.
Non pensare, nel caso del brio narrativo che ti stavo raccontando, a qualcosa in più di una scelta binaria e il più delle volte senza un vero contesto morale se non quello che già ti porti dentro. Solamente dopo circa 8-9 ore arriva a delinearsi una flebile ma elettrizzante nuova direzione, che porta con sé anche una corposa estensione di ciò che possiamo fare nella base.
Più e più volte mi sono però ritrovato davanti a più cose di quelle che mi sentivo di poter gestire, tra il crescente malcontento dell’equipaggio ed eventi che, come nell’intervallo di gioco iniziale, sembrano quasi sempre tunnel verso soluzioni randomiche più che pesate destinazioni di scelte ponderate da parte mia.
Oggi un errore, domani una conseguenza
Un’ulteriore sensazione che ho provato in più di un paio di situazioni è che ci siano istanze nelle quali l’intervallo di tempo fra una mia pessima decisione gestionale e l’effettiva conseguenza siano così dilatate da farle sentire ingiuste nel loro aggressivo ritorno di fiamma. L’esperienza di Ixion è in questi contesti piuttosto singhiozzante, fra momenti di brio che mi ispirano e spingono al prossimo obbiettivo, e lunghe sezioni di relativa e noiosa ripetitività.
La mancanza di un equilibrio dinamico costante si percepisce maggiormente in alcune sezioni dei capitoli più avanzati: c’è sempre la possibilità di ricominciare il capitolo, sia chiaro, ma più di una volta la mia mediocre gestione delle parti finali del capitolo precedente mi hanno costretto a fallire di nuovo e di nuovo. L’unica soluzione? Ricaricare un capitolo precedente.
La trama, solitamente motore di gran parte delle mie migliori esperienze del gaming, qui è piuttosto opaca, un canovaccio che, lo confesso, non regala particolari soddisfazioni se non, appunto, nei momenti in cui bisogna prepararsi al prossimo salto interstellare, alla ricerca di una terra promessa apparentemente sempre a pochi centimetri dalla punta delle nostre dita.
La soundtrack, creata da Guillaume David, è particolarmente efficace nel restituire il subcosciente terrore che lo spazio inerentemente offre, ma, come spesso succede, l’assenza di un vero tema o melodia portante un po’ si fa sentire. Particolare anche il sound design, efficace in praticamente ogni momento e situazione.
Nello spazio non c’è il wi-fi
Purtroppo ho riscontrato diversi problemi tecnici nella seconda metà del gioco, con cali di framerate piuttosto evidenti e freeze che in un paio di volte mi hanno costretto a spegnere e riavviare il gioco. Sono cose relativamente sopportabili, ma unite al picco di difficoltà che, come prima ti raccontavo, saltuariamente colpisce chi gioca, diventa un cocktail davvero frustrante.
Ixion è da vedersi come un trittico di core loop sovrapposti. Il primo è il più basilare, ossia la gestione di risorse e della morale degli abitanti della stazione, quello che occuperà gran parte del tuo tempo sul titolo di Bulwark; presto dovrai gestire lo scambio di risorse fra settori diversi e distanti, e tutto diventa quindi un gioco di spazi e di gestione di essi su larga scala. Infine arriva il limite di numero dell’equipaggio stesso, narrativamente logico nel contesto di una base alla deriva nello spazio.
Alcuni elementi di questa struttura rimangono fastidiosi, specialmente considerando il poco che serviva per evitarli: perché, se ho erroneamente posizionato male un edificio, non posso direttamente spostarlo ma devo demolirlo e ricostruirlo? Perché la vita a bordo della stazione sembra così vuota e vacua, e non un caldo e accogliente contraltare al freddo e buio spazio che racchiude la base?
Gli ambienti, purtroppo meri sfondi nell’interazione con il livello più esterno della base (il secondo livello della parmigiana di meccaniche e game loop che ti raccontavo prima), sono molto vari e contribuiscono a rendere “vero” l’universo, macro-environment che il terzo livello di struttura ti permette di affrontare e osservare nella sua (intoccabile) grandezza, quello “galattico”.
In toto mi è sembrato spesso di essere davanti non ad un building sim, bensì di fronte ad un survival game con i toni e alcune meccaniche da building sim. É un gusto sicuramente inaspettato, ma sulla sua efficacia c’è forse da discutere, sia con chi lo trova appetitoso che con chi invece ne è respinta/o.