Shadows of Doubt – Recensione
Shadows of Doubt è l’età adulta del videogioco: non nel senso di maturità narrativa o dei temi trattati, e nemmeno una metafora di come il gioco cresca quanto cresce chi lo gioca. Shadows of Doubt è letteralmente l’età adulta. Facciamo qualche passo indietro, che ne dici?
La libertà offerta a chi gioca è qualcosa che ogni team di sviluppo, ogni concept di gioco, ogni designer, e persino ogni giocatrice e giocatore affrontano, valutano e vivono in modo diverso. Yakuza Kiwami 2 è da ritenere migliore di un Final Fantasy XVI perché offre più libertà esplorativa? Red Dead Redemption II è automaticamente un’esperienza da consigliare maggiormente rispetto ad un God of War: Ragnarok perché c’è un mondo enorme da esplorare?
Non sono domande facili da portare al mondo e non ci sono risposte assolutamente esatte per nessuna di esse, perché “libertà”, soprattutto nel contesto videogioco, vuol dire tutto e, contemporaneamente niente. Qui, per fortuna, un grosso vincolo è sicuramente quello della tecnica grafica, i Voxel che abbiamo già visto di recente (fra gli altri) su Teardown.
Sicuramente però, a pensare a titoli semi-open world con meccaniche che si adattano (o, meglio, che adattano il mondo di gioco) alle scelte di chi gioca, non vengono in mente team di sviluppo indie, e di sicuro non ColePowered Games, studio di sole 6 persone che però, con Shadows of a Doubt, ha prepotentemente fatto all-in.
Il titolo creato da Cole Jefferies, Miles Atkinson, Cian McNabola, Tom Waterhouse, Nick Dymond e Stark Holborn, infatti, tenta di sfuggire ai vincoli della linearità, pur nel videoludicamente già ristretto cortile del detective game: la priorità è la libertà, una libertà che, lo vedrai, a tratti si veste degli effetti collaterali di quei desideri che non abbiamo analizzato a fondo, prima di esprimerli.
“Be careful what you wish for”, insomma.
Shadows of Doubt: grandi poteri, titaniche responsabilità
Partendo un po’ alla cieca, all’avvio di Shadows of Doubt il gioco ti chiede se vuoi partire con un caso creato appositamente per spiegarti le meccaniche o se preferisci tuffarti nel “gioco vero”. La scelta successiva riguarda la città che fa da sfondo della tua imminente carriera da investigatrice/investigatore: precostituita o randomica?
Già da qui si iniziano a percepire le prime piccole crepe del potere immenso che il team vuole consegnare in mano di chi gioca, luminoso orizzonte che crea un ottimo contrasto con la sporcizia della città, un ammasso di edifici geometricamente posizionati che è tanto cupa nella sua visualizzazione quanto sbiadita nel poco percettibile confine fra giusto e sbagliato.
Che tu scelga il tutorial o la piena libertà, ti è chiaro sin da subito che devi investigare su un caso, molto probabilmente un omicidio. Dove si parte? Da dove vuoi: preferisci capire se nella zona del crimine sono rimaste alcune prove? Analizzare e registrare tutte le impronte presenti sugli oggetti personali della vittima? O investigare sul suo posto di lavoro, magari ad un orario nel quale nessuno ti disturba, scassinando porte e sistemi di sicurezza?
Il loop di gioco è piuttosto standard: trova indizi, interroga sospetti, segui tracce, ma il tutto nel contesto di una libertà provocatoria ed assoluta.
Puoi. Fare. Ciò. Che. Vuoi.
A tuo rischio e pericolo, chiaro.
Idiosincrasie nel cerchio magico
Detto questo, Shadows of Doubt è un mondo che, mentre si apre a te come giocatrice/giocatore, non sembra aprirsi ugualmente al protagonista che interpreti, con vicini di casa schivi e poco loquaci, testimoni collaborativi come un mattone in una cristallerie, e pc e casseforti che, pur tuoi, devono essere sbloccati a tentativi o direttamente scassinati, per accedervi.
Il mondo va avanti senza di te, e devi presto fartene una ragione (certo, un po’ sembra di parlare dell’ormai prossimo Lords of the Fallen).
Quella di Shadows of Doubt è una libertà difficile da capire inizialmente e più di qualche volta all’inizio mi sentivo troppo spaesato per capire bene cosa fare; i suggerimenti della UI non aiutavano, chiedendomi di fare azioni che avevo chiaramente già fatto, e sentivo che il mio Io giocatore era tranquillamente pronto a mollare la presa, andando “a casaccio”.
Devo confessartelo, però, è quando ho iniziato ad andare “a istinto” che, apparentemente, ho più abbracciato la struttura meccanica di Shadows of Doubt. I dubbi iniziali sono molti, d’altronde siamo davanti ad un detective game proceduralmente generato, ma molti (non tutti) tendono a svanire una volta che ci si ritrova nel flow.
Procedurale… che?
La spiegazione è dovuta, giusto perché noi si sia sullo stesso piano analitico: nel contesto videoludico, la “generazione procedurale” si riferisce in genere ad elementi di gioco creati in modo algoritmico (tramite codice), e che quindi non sono creati manualmente utilizzando risorse create ad hoc.
La generazione procedurale è quindi il metodo che permette ad alcuni giochi di creare dungeon, ambienti o altri elementi randomizzati unici per ogni partita. Ecco, per completare questo breve specchietto informativo, giusto qualche titolo che utilizza elementi procedurali: Valheim, Don’t Starve, Crypt Of The NecroDancer, Enter The Gungeon, The Binding Of Isaac, Hades, No Man’s Sky e, ovviamente, Minecraft.
Insomma, per design Shadow of Doubt è pieno di spigoli, soprattutto nel suo tentativo di non tracciare percorsi predefiniti bensì di lasciare a chi gioca la potenza di un terraforming narrativo. Tutto può portarti ovunque e sì, puoi perderti dettagli vitali. Mi è capitato.
Sì, perché ho voluto sfruttare al meglio i diversi modi che mi venivano offerti (circa) per approcciare una stanza: creato un salvataggio preventivo prima di salire al piano del posto di lavoro della mia vittima, ho approcciato l’ufficio in modalità stealth, spegnendo le luci e scassinando le telecamere. No, non mi soddisfa. Di nuovo.
Se usassi i condotti di areazione? Proviamo… Nah, non mi soddisfa. Di nuovo.
Sfondiamo tutto? Ma sì. Se sei già pronta/o ad un approccio un po’ più aggressivo, ho una nota: i crimini costano, e arrivano a cifre, se ti beccano, che forse non ti puoi permettere (non so cosa succede se ti beccano, onestamente); anche se finisci in ospedale, a là GTA, devi pagare o puoi decidere di scappare.
Elementare, Watson!
Elemento essenziale nel loop di gioco di Shadow of Doubt è senza dubbio la Lavagna Investigativa, che diventa però caotica molto in fretta: ci puoi fissare ogni informazione che ritieni necessaria, connettere fra di loro prove con il qui non metaforico filo di lana rosso, e organizzare i dettagli del caso come preferisci, ma, cara vecchia assoluta libertà, potrebbe complicarsi molto velocemente.
Sì, perché avere accesso, ad esempio, ai file del personale di un’ufficio nel quale stai indagando di può far tastare il terreno dei rapporti della vittima con i colleghi e superiori; magari poi inizi a intravedere un movente, magari trovi una mail da anonimo che dice alla vittima di portare la pistola e di farsi trovare in un determinato luogo ad una determinata ora e…TOH, è poche ore prima della sua morte, avvenuta proprio per un colpo d’arma da fuoco.
Un litigio finito male? Una coincidenza che io interpreto disgraziatamente come una connessione?
Certo, le attività sembrano varie, ma lo sono solo negli “oggetti di gioco”, non nei suoi verbi: cercare all’interno di una serie di cassetti è divertente la prima volta, non sono sicuro sia divertente la decima. I pensieri, inoltre, vagano, e solo dopo che trovi una prova inconfutabile (se la trovi) inizia a farsi tutto un po’ più chiaro, ma molto è lasciato all’interpretazione. Troppo forse.
É un gioco talmente intelligente che fa sentire stupida/o te, e molto dipende proprio dalla tua intelligenza, esattamente come un/una vero/a investigatore/trice.
Se a livello di struttura, infine, la proceduralità di Shadows of Doubt si nota proprio nella mancanza di una cornice narrativa che ti guidi, emotivamente e intellettivamente, e di una golden path, che qui semplicemente non esiste, sono i saltuari cali di framerate a interrompere il senso di immersione. Fortunatamente non sono stati molti, ma due crash sono stati particolarmente molesti, nella mia prova.
Un procedurale tanto furbo quanto pericolosamente senza direzione.
Pro
- Arrivare alla soluzione di un caso dipende praticamente solo da te
- Ci sono molti diversi approcci alla risoluzione dei casi, anche considerando che non sono sempre omicidi
- La proceduralità è un elemento sicuramente interessante...
Contro
- ...ma la mancanza di direzione, soprattutto artistica, si fa sentire
- C'è, per design, poca struttura di tutorial, ergo ci si può facilmente perdere nei meandri delle semi-infinite possibilità offerte