Wild Hearts – Recensione
Febbraio. L’inverno si prepara a cedere il passo alla primavera e, a quanto credo di aver capito negli ultimi tempi, è il mese mondiale della caccia al mostro, o almeno sembra esserlo questo febbraio, che ha visto l’uscita di Monster Hunter Rise su PlayStation 5 e Xbox Series X e S qualche settimana fa, e ora anche quella di Wild Hearts, un titolo che prova, con il coraggio di una belva mostruosa braccata, ad insidiare il trono del Re della Caccia ai Mostri. Abbiamo quindi un nuovo Apex Predator in circolazione, o soltanto un baldanzoso rivale del Re senza troppo mordente?
Wild Hearts, sviluppato da Koei Tecmo Omega Force e distribuito da Electronic Arts, cerca di imporsi nel bizzarro panorama degli Hunting Games (da non confondersi con le hunting simulation, solitamente molto meno “fantasiose”) catapultandoci, spesso letteralmente e capirete dopo il perché, in una versione “rivisitata e corretta” del Giappone feudale. Nei panni di un cacciatore (ma va?!? Che plot twist incredibile! Credevo di essere un pulitore professionista!) giunto da non meglio specificate terre lontane, troveremo una terra splendida ma invasa dai Kemono, mostruose creature connesse direttamente con la Natura e in grado di modificare l’ambiente stesso. I Kemono, di per sé, non sono né buoni né cattivi, ma il loro proliferare incontrollato può finire per minacciare l’equilibrio naturale, oltre che la ridente cittadina di Minato. Ora, provate un pochino a indovinare a chi tocca affrontare questa minaccia rischiando di finire, nella migliore delle ipotesi, beccato a morte da un gallo gigante o peggio? Esatto, proprio a voi!
Aspettate un attimo… il gioco è prodotto da Koei Tecmo: quelli della serie Toukiden, altro tentativo di imporsi nel mondo della caccia al mostro, finito però nel dimenticatoio, nonostante Toukiden 2 fosse un valido clone di Monster Hunter. So già a cosa state pensando: ma quindi Wild Hearts non sarà mica un clone di un clone di MH? La risposta è… ni.
Parliamoci chiaro: la struttura portante di questo peculiare sottogenere rimane praticamente immutata da sempre, anche se alcune variazioni sul tema sono possibili (ve ne ho parlato a riguardo di Monster Hunter con questo articolo) e generalmente gradite.
Wild Hearts cerca di innovare il gameplay introducendo l’utilizzo dei karakuri, attrezzi e strutture che potremo costruire sul territorio. L’uso dei karakuri ci permetterà di creare accampamenti dove respawnare, forgiare e migliorare armi e armature, individuare le prede ecc… Utilissimi, anche perché rimarranno sulla mappa per uso futuro, non soltanto nostro, ma anche degli altri giocatori online. Un po’ come in Death Stranding per dire, piano piano la mappa si popolerà di strutture di pubblica utilità, finché qualche Kemono indispettito non le farà in tanti piccoli pezzi. E la cosa capita più spesso di quanto crediate.
I karakuri sono molto utili anche in battaglia, fungendo da barriere, piattaforme per fare attacchi dall’alto, oggetti per stordire mostri e via dicendo. Subito la cosa potrebbe risultare un po’ troppo confusionaria, ma una volta che ci si prende la mano questa variazione sul tema è capace di rendere gli scontri piacevolmente diversi dal solito.
E dal punto di vista dell’innovazione è tutto. Si, perché karakuri a parte (e non sono poco), Wild Hearts è un clone di Monster Hunter World. Struttura a mondo aperto, meccaniche di tracciamento della preda, companions gestiti dalla IA, tipologie di armi ecc…
Badate, questo non è necessariamente un male eh, anzi! Sono personalmente rimasto soddisfatto del ritrovare la stessa formula su Xbox, cosa che Rise non aveva in toto, avvicinandosi di più agli episodi “classici”. Certo, se avete fame di novità, su questo lato Wild Hearts vi lascia davvero a bocca asciutta. Ma almeno l’ambientazione è curata e coinvolgente!
Come in ogni hunting game che si rispetti, anche in Wild Hearts la vera festa è quando si caccia in compagnia. A quanto visto finora, il matchmaking funziona molto bene e la possibilità di unirsi ad altri cacciatori (solo fino a tre in contemporanea) praticamente in ogni momento rende il tutto molto godibile e divertente. Anzi, alcuni Kemono della storia principale, da soli sono quasi infattibili, shottano in men che non si dica anche un cacciatore preparato, ma solitario.
Ok, veniamo ora alle parti dolenti. La prima, meno grave, è una relativamente bassa varietà di Kemono da affrontare. Già durante la campagna principale, ci ritroviamo a dover affrontare “varianti” dei mostri che sono in realtà semplici reskin di creature già affrontate in precedenza, semplicemente potenziate nelle statistiche o in qualche tipo di particolare attacco. Questa è una cosa abbastanza comune nei giochi di questo tipo, ma di solito avviene soltanto nella fase di end game avanzato (vedi i vari mostri Apex o temprati di Monster Hunter). Come dicevo, è un peccato abbastanza veniale: nuovi avversari sono facilmente aggiungibili con degli aggiornamenti (e ne sono previsti già due gratuiti nei prossimi mesi, anche se non sappiamo quali contenuti aggiuntivi porteranno), e comunque il livello di sfida è in grado di tenerci impegnati per un po’, ma la varietà di creature proposte da Wild Hearts rimane purtroppo nettamente inferiore allo sterminato serraglio presentato dal suo illustre concorrente.
Secondo – e ben più grave – difetto sono invece la resa grafica e le prestazioni. Alcune texture dell’ambiente, così come alcune animazioni di personaggi e mostri, a volte raggiungono livelli imbarazzanti per un gioco del 2023. Inoltre, si verificano a tratti pesantissimi cali di frame rate, e non soltanto durante gli scontri più concitati, ma anche semplicemente vagando per la mappa in campo aperto. Si testa di mancanze fastidiose, così come la gestione caotica della telecamera in ambienti ricchi di ostacoli, durante l’utilizzo di alcuni karakuri o semplicemente durante gli attacchi in salto.
Se aggiungiamo anche bug come compenetrazioni sbagliate di elementi ambientali e qualche hit box un po’ troppo casuale, il quadro va a completarsi in maniera non troppo felice per Wild Hearts. Sono difetti patchabili probabilmente ma, per come ci è stato presentato il gioco per la recensione, che pesano tanto sul giudizio finale.
Concludendo, Wild Hearts è un gioco di caccia con un enorme potenziale, ma che viene penalizzato da difetti che definirei quasi grossolani, visto che probabilmente sono risolvibili abbastanza agilmente. Nonostante tutto, parliamo sempre di un titolo molto più che solo sufficiente, ma la cosa stona ancora di più proprio perché, senza questi scivoloni, avremmo potuto davvero trovarci di fronte a un degno rivale di Monster Hunter.
Al momento, Wild Hearts non può lontanamente ambire a diventare il nuovo “Apex Predator” degli hunting games. È piacevole e appassionante ma, se non verranno sistemati i difetti del day one, ho paura che faccia la fine del suo predecessore Toukiden… Estinto!
WILD HEARTS | Recensione
Un clone di Monster Hunter o un IP in grado di reinventare il genere?
Wild Hearts è un gioco di caccia con un enorme potenziale, ma viene penalizzato da diversi grossolani difetti.
Pro
- Ambientazione e mostri affascinanti
- Introduce meccaniche nuove al genere
Contro
- Poca varietà di mostri
- Performance tecniche da migliorare
- Un po' troppi bug